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Un uomo qualunque

Regia di Frank A. Cappello vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un uomo qualunque

di logos
8 stelle

Bob Maconel svolge un’esistenza remissiva, completamente frustrata dalla routine quotidiana di impiegato d’ufficio e costantemente sottoposto a istanze estenuanti dei suoi responsabili, appena al di sopra di livello nella carriera, e se per caso poggia gli occhi sul seno di una collega viene subito minacciato di denuncia per molestie. Nel suo mondo interiore cova un piano di vendetta, che faccia saltare la testa almeno a tanti impiegati e capocci quanti sono i proiettili di cui dispone nella rivoltella che gelosamente custodisce per il botto finale.

 

Il suo isolamento esistenziale è ben caratterizzato dal dialogo allucinato che intrattiene con il pesciolino del suo acquario, che costantemente lo esorta a compiere il gesto di riscatto. Durante lo svolgimento del film, la fantasia delirante del personaggio si mescola con la realtà vissuta, e tutto ciò è ben tratteggiato dalle coincidenze junghiane che tratteggiano le scene. Ad esempio sogna un areo da cui si stacca la ruota di atterraggio, e al suo risveglio effettivamente questa ruota è precipitata nella città uccidendo inermi passanti; ancora più paradossale la coincidenza che avviene nel momento in cui decide di compiere il massacro aziendale, perché nello stesso istante viene preceduto da un altro collega, il suo alter ego, altrettanto frustrato, che compie esattamente le azioni omicide che avrebbe voluto realizzare, trovandosi Bob nella situazione di uccidere l’alter ego pur di salvare la vice direttrice della creatività di cui è perdutamente innamorato.

 

Passa così ad essere un eroe, viene addirittura invitato dal top manager in persona a prendere il posto della vice nel settore della creatività, la quale è ora paralizzata per le ferite riportate, e al tempo stesso diventa amante della medesima. Sono momenti complessi: inizialmente la vice lo denigra per averle salvato la vita dato che si ritrova paralizzata, poi gli chiede scusa e cerca di convincerlo a collaborare nell'impresa di toglierle la vita, perchè così lei non si accettta; infine, tra i due nasce una relazione amorosa, grazie al fatto che le condizioni di lei non sono così irreversibili come si profilavano a una diagnosi un pò affrettata. Inutile dire i giochi di rispecchiamento che si aprono tra i due: lui in un suo sogno ad occhi aperti immagina di essere lei, sulla sedia a rotelle, mentre la immagina tutta bella ed eretta, quale donna salvifica, che lo fa finalmente camminare nell'esistenza. Ed è interessante notare come questa identificazione di lui in lei indichi anche un senso di colpa che egli prova per le condizioni di lei, senso di colpa che tuttavia viene dolcemente levigato e trasceso dall'amore che sembra offrirgli.   

 

Progressivamente la giovane donna acquisisce sempre più controllo della propria corporeità, e tutto ciò da una parte fa proseguire la fase idilliaca ma dall'altra alimenta il timore di Bob: che cosa succederà quando la patner sarà di nuovo autonoma? sarà ancora innamorata? e se ora è innamorata, lo è davvero per passione, o l'amore che lei prova è soltanto strumentale, una stampella temporanea di appoggio. Il timore diventa tormento, soprattutto quando Bob scopre una ex relazione tre lei e il top manager. La sua è una disperazione incontenibile, analizzata a tutto campo: geloso della donna che accudisce;  rancoroso verso i colleghi che in qualche modo sono invidiosi della sua nuova relazione, soprattutto quella stessa collega che lo aveva minacciato di denunciarlo per molestie; sospettoso che lo psicologo del lavoro stia per intuire che sia stato proprio lui l’artefice del crimine; colpevole, poi, per essere in fondo lui stesso la causa di una relazione d’amore falsata, basata esclusivamente sull’accudimento e non su un effettivo slancio erotico, Bob Maconel  inizia a precipitare sempre più nella propria follia, e si ritrova nuovamente nello stesso punto, all’inizio della vicenda, con una pistola in mano, in atto di sparare ai colleghi… ma stavolta non siamo più nel cervello di Bob, nei suoi sogni o nelle aspettative del pubblico, così come si è svolto il film, visto finora; siamo ributtati nella realtà, Bob stesso ne prende coscienza, e sentendosi oramai schiacciato da questa realtà, immutabile se non nel sogno, non può far altro che dirigere la pistola verso di sé.

 

E’ un film del 2007, e l’ho rivisto davvero con piacevole gusto, sorprendendomi di come mi fosse andato nel dimenticatoio. Probabilmente quando l’avevo visto per la prima volta, lo avevo decisamente sottovalutato. In effetti è difficile accettare il mescolamento delle tre coordinate che si intrecciano nel film: la fantasia del protagonista, le aspettative del pubblico e la realtà sociale effettiva che trapela ma non si lascia individuare (cfr. recensione di OGM : “Una pellicola il cui intreccio sfrutta abilmente una logica narrativa a tre valori: ad ogni punto cruciale del racconto, la scelta si pone tra ciò che corrisponde alla visione del protagonista, ciò che realizzerebbe le aspettative del pubblico, e ciò che invece, semplicemente, è la continuazione più coerente della storia pregressa” ).  Soltanto alla fine, si scopre che tutto era soltanto nella mente di Bob mentre la cruda realtà sociale è continuata nelle sue inaggirabili scansioni lineari.

 

Non ho potuto fare a meno, vedendo questo film, di pensare a certi personaggi tra quelli presenti nella letteratura di Céline e Dostoevskij. Bob Maconel è un reietto, ce l’ha col mondo non perché sia ingiusto o contraddittorio, il mondo, ma perché non è dall’altra parte della barricata, con i vincenti. E non c’è alcun ideale che sorregga la sua tragica esistenza, in fondo votata al sogno del successo che sconfina nella follia e nel suicidio dal momento che è un sogno frustrato, perdente in partenza. A suo modo è una pellicola dissacrante e amara, dove ciò che emerge è un convivere sociale esclusivamente opportunistico, in cui la follia e il suicidio sono l’unica via di scampo. Il tutto girato con estrema leggerezza, e con ottima recitazione. Troppi effetti digitali? E chi lo sa…, e comunque non mi hanno disturbato, tanto di Cappello alla regia...

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