Regia di Marco S. Puccioni vedi scheda film
Anna e Mara stanno tornando da una vacanza in Tunisia. Durante un controllo alla frontiera, scesa dall’auto, Anna rimane a fissare il portabagagli aperto. Sta cercando il passaporto di Mara. Il suo sguardo è turbato. Si capisce che ha visto qualcosa che non si aspettava. Questo inizio, in apparenza normale, è invece sorprendentemente significativo, perché segna le coordinate (visive quanto emotive) di un senso di inquietudine che si svilupperà per tutto il film. All’arrivo in Italia si scopre cosa Anna aveva visto nel portabagagli della propria auto. Un clandestino, Anis, un ragazzo marocchino. Anna decide di ospitarlo nella propria casa e di trovargli un lavoro nell’azienda di scarpe che gestisce insieme alla madre e al fratello. Puccioni affronta il tema dell’immigrazione clandestina in maniera diretta, al limite della cronaca, con un personaggio che rispecchia fedelmente le caratteristiche (fisiche, linguistiche, psicologiche) dei tanti ragazzi marocchini che arrivano fino in Italia. Con lo sviluppo della storia ci si accorge però che il regista è più interessato agli effetti della presenza di Anis sul rapporto tra Anna e Mara che a una semplice descrizione delle difficoltà di un giovane clandestino appena arrrivato in Italia. Si viene così a formare una famiglia anomala nella casa di Anna, un nuovo tentativo di convivenza, nel quale i sentimenti dei tre finirianno per rimettere in discussione le poche certezze di ognuno. Le due donne appartengono poi a ceti sociali diversi, Anna è una borghese ricca e imprenditrice mentre Mara fa parte della classe operaia. Entrambe però soffrono per la mancanza di qualcosa nella loro esistenza, non riuscendo ad integrarsi, come vorrebbero, nella società in cui vivono. E lo stesso accadrà ad Anis. Afferma lo stesso regista – “L’ispirazione, mai dichiarata apertamente, di Anna a creare una famiglia è desiderio di una completa accettazione sociale. L’indipendenza orgogliosa di Mara dalla protezione di Anna è ricerca, a volte disperata e irrazionale, di un rispetto per se stessa che anche suo padre le ha negato. L’attaccamento di Anis al lavoro è il tentativo di legarsi a qualcosa che lo protegga dalla miseria del luogo d’origine e dal disprezzo degli altri in quanto adolescente, straniero, immigrato.” Le due attrici, Maria de Medeiros e Antonia Liskova, meravigliose, grazie anche alla complicità dello sguardo del regista e a uno splendido lavoro sulla luce e la fotografia, riescono ad esprimere reali emozioni attraverso i loro corpi che diventano, carnalmente e simbolicamente, un riparo (quello del titolo) nel quale nascondersi. E nel quale vorrebbe trovare spazio anche Anis. Puccioni realizza, con uno stile asciutto ed essenziale, un film capace di scavare nelle ferite dell’anima, negli intimi desideri dettati dall’infelicità. E soprattutto tratteggia con grande sensibilità il doloroso ritratto di tre vite che cercano in ogni modo di trasformarsi, per rendere il futuro qualcosa di ancora aperto, per non finire rinchiuse nelle gabbie di un destino scritto dalle convenzioni e dai pregiudizi degli altri.
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