Regia di Cristina Comencini vedi scheda film
L’Italia, da una decina di anni a questa parte, sta diventando un paese multietnico. Comunità più o meno numerose di stranieri vivono stabilmente in molte città. A Roma, dove è ambientato il film, molti quartieri (come l’Esquilino) stanno diventando delle vere e proprie nuove realtà, abitate da persone di ogni paese, che portano con loro il proprio bagaglio culturale, linguistico, umano. Il problema che sorge è quello dell’integrazione, del far si che queste persone non formino solo comunità a parte, ma entrino veramente all’interno della società italiana.
La Comencini cerca di affrontare questo fenomeno attraverso la commedia, mettendo in scena la storia d’amore (che appare molto più sessuale che emotiva) tra un bianco, Carlo (Fabio Volo) e una nera, Nadine (Aissa Maiga). Entrambi hanno una famiglia alle spalle che pagherà il prezzo di questa loro passione. Il loro rapporto diviene quindi il perno narrativo intorno al quale far girare tutta una serie di equivoci (più o meno divertenti) che nasceranno da diverse situazioni, soprattutto all’interno dei due nuclei famigliari.
La Comencini e le sue sceneggiatrici, Giulia Calenda e Maddalena Ravagli, lavorano sugli stereotipi e sui pregiudizi, sia dei bianchi verso i neri che viceversa. La loro scrittura finisce però per impantanarsi proprio in questi stereotipi dai quali non riesce a risollevarsi per esprimere qualcosa di veramente personale o per dare una nuova ottica su questo fenomeno. Si sente sempre la presenza di un freno nell’esprimere le cose, nel cercare di non offendere mai veramente nessuno, nel tenersi in equilibrio su quanto sia giusto o no dire. Il lavoro sugli stereotipi diventa dunque uno stereotipo, espresso attraverso una visione piatta e superficiale della nostra società.
Fabio Volo e Ambra Angiolini lavorano sulla propria emotività, dimostrandoo però la mancanza di una preparazione tecnica. Non sempre basta solo l’istinto e la simpatia (oltre ad una certa notorietà televisiva) per interpretare un ruolo e non sempre fare se stessi nelle vesti di un personaggio è sinonimo di recitazione.
Filmicamente la Comencini rinuncia alle specificità del mezzo cinematografico (tranne per alcuni leggeri movimenti di maccchina con finalità narrative) per accontentarsi di una regia televisiva, forse già pensando ai futuri passaggi del suo film sul piccolo schermo.
Ancora una volta la commedia, con la sua lievità, sembra accontentarsi dei semplici meccanismi di genere che mette in scena, accomodandosi nei corpi e nelle voci dei propri personaggi medi, finendo per ridere con loro e non di tutto quel mondo mediocre che invece rappresentano e che, purtroppo, ci circonda.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta