Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Tra il 1970 e il 1973 il nero Frank Lucas (Washington) divenne il monarca indiscusso della malavita newyorkese. Il suo asso nella manica - che mise in seria difficoltà la mafia italiana di Harlem - era l'importazione di eroina purissima e a costi bassissimi dal Vietnam, a bordo degli aerei che trasportavano le salme dei militari americani morti durante la guerra. Nessuno sembrò credere che un nero pressoché sconosciuto, che fino a qualche anno prima era il semplice autista di un noto boss, potesse aver dato la scalata al mondo della criminalità organizzata in così breve tempo. L'unico a credere a questa possibilità fu il detective Richie Roberts (Crowe), uno che rifiutava le mazzette, che assemblò un gruppo di poliziotti sui generis con il quale costituì un efficacissimo pool antidroga e che riuscì a mettere ordine in breve tempo.
Alla storia vera del nero tutto malavita, casa e chiesa, e del suo antagonista, un eroe solitario secondo i più consumati clichè hollywoodiani, si ispira il primo gangster-movie di Ridley Scott. Fluviale (157 minuti) e a tratti schematico e corrivo (il nero che nel giorno del Ringraziamento taglia il tacchino sulla tavola imbandita di ogni ben di Dio, con tutti i parenti intorno, mentre il bianco solitario trangugia un panino), American gangster si fa apprezzare per la confezione accuratissima. Sopratutto nella prima parte, il regista americano sfodera a ripetizione colpi di virtuosismo in fase di ripresa e di montaggio. Nella seconda parte il plot narrativo guadagna spazio, la storia si fa avvincente ma rimane qualche dubbio sul senso complessivo dell'operazione, che richiama sempre l'idea di un'ultima spiaggia sulla quale registi di consumata esperienza e grande talento vanno a rifugiarsi nei momenti di crisi, con la consapevolezza che sarà il botteghino a consolarli.
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