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La guerra di Charlie Wilson

Regia di Mike Nichols vedi scheda film

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La recensione su La guerra di Charlie Wilson

di lussemburgo
6 stelle

Aduso a descrivere le retrovie del potere e i meccanismi delle decisioni politiche americane, Aaron Sorkin, dopo Il presidente – Una storia d’amore e sette anni di West Wing, lascia la Casa Bianca per il Congresso degli Stati Uniti e per raccontare la campagna e l’impegno personale di Charlie Wilson a sostegno della guerra in Afghanistan negli Anni Ottanta.
La foga contro il comune nemico russo, alimentata dalle crudeltà implicite ad ogni conflitto e dalle pressioni dei paesi confinanti per limitare l’invasione di profughi, fa scorgere al Deputato Wilson, incoraggiato dalla perseveranza di una ricca attivista della destra religiosa e dal sostegno della Cia, la possibilità di infliggere una sonora e cocente sconfitta all’Armata Rossa facendo degli Stati Uniti l’alleato occulto degli afgani contro l’invasore sovietico, a vedere nel conflitto mediorientale solo una tappa, simbolicamente significativa, dello scontro tra superpotenze e il corollario di una guerra fredda alle battute finali.
Tom Hanks conferisce una sincera ingenuità al Deputato, abile manipolatore e gaudente impenitente che ama circondarsi di belle ragazze e non disdegna festini più o meno spinti conditi con droga e alcool, tanto da rischiare di finire invischiato in uno scandalo potenzialmente deleterio. Julia Roberts incarna una sgraziata e ricchissima lobbista, fervente religiosa dopo la rinascita cristiana e cieca sostenitrice della supremazia geopolitica americana, debitamente armata di soldi e intelligenza, seduzione e volgarità. Ottenebrati da una visione distorta del mondo e incapaci di considerare lo scacchiere internazionale con sguardo lungimirante, i due si adoperano per convogliare i fondi occulti del Governo ad alimentare un conflitto barbarico, senza mai presagire le conseguenze di un’esportazione impropria della democrazia. Solo l’agente della Cia (Philip Seymour Hoffman), per pragmatico cinismo, sospetta future imprevedibili ripercussioni di quell’apparente vittoria sul campo, incita alla prudenza dopo l’annientamento dei sovietici, ad un impegno costante di vicinanza e sostegno di una popolazione disperata e decimata dalla guerra, quindi facile preda di opportunistici fanatismi religiosi.
Brillante nei dialoghi, il film di Mike Nichols si rivela sin dall’inizio una farsa, il ritratto sarcastico di un passato recente in cui l’entusiasmo nazionalistico prevale su ogni intelligenza strategica, quando ingenuità e grossolanità al potere preparano, con miope efficienza, il terreno per il disastro imminente. I protagonisti diventano così, inconsapevolmente, gli attizzatoi di un focolaio integralista le cui ripercussioni non furono prese in considerazione, annebbiati dall’entusiasmo trascinante di poter ammazzare qualche comunista in più. E, pur nella valenza non completamente negativa che gli interpreti conferiscono ai rispettivi personaggi, questi diventano i prodromi di quella disfatta a lunga scadenza di cui il mondo sta attualmente vivendo gli effetti, incarnano ossessioni e motivazioni che muovono e alimentano la corrente Amministrazione americana. Ambientato tutto negli anni del conflitto afgano, La guerra di Charlie Wilson delinea un quadro estremamente preciso, sebbene sottinteso, della situazione presente, inquadra accuratamente quelle motivazioni religiose e patriottiche (e le influenze “texane”) che avrebbero tradotto la guerra fredda in guerra santa, quell’assenza di qualsiasi tattica a lungo termine che avrebbe lasciato il campo libero all’arrivo dei talebani.
La guerra di Charlie Wilson è una commedia beffarda su una tragedia morale, fedelmente trascritta in immagini da un Nichols così ligio alle parole di Sorkin da lasciarle dilagare in un film senza polso registico, sostenuto dall’interpretazione del trio di attori protagonisti e da poche sottolineature satiriche, da qualche forzatura grottesca che stenta però a trasformarsi in stile, forse tradendo l’amara ironia sottesa al progetto, eppure in completa sintonia con la rozza trivialità della situazione e dei suoi personaggi.

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