Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Più che di grande film, parlerei di grosso film. E’ corposo come un vino rosso meridionale. Mette tantissima carne al fuoco, è spettacolare e ben recitato, ma rischia talvolta di annoiare per eccesso di enfasi. La descrizione del rapporto tra il protagonista e il figlio diventato sordo in seguito all’esplosione di una « torre » è discontinua, interviene come chiave finale della vicenda e lascia perplessi. Non meno perplesso mi ha lasciato il personaggio del religioso invasato, profeta di non so quale Terza Profezia, che intrattiene un rapporto ambiguo ma scontato con il petroliere del titolo. Nonostante queste non favorevoli considerazioni, salvo quello che considero quasi un polpettone per come illustra e spiega la nascita di un’industria destinata a condizionare oltre un secolo di Storia, per come racconta la genesi di un capitalismo sfrenato, senza limiti, gelidamente indifferente anche di fronte al cinico sacrificio di vite umane. Questa squallida indifferenza e la sua conseguente freddezza sono rese magnificamente dall’intensa interpretrazione di Daniel Day-Lewis. Il petroliere Daniel Plainview che incarna è un uomo di punta del suo tempo, certo, ma annichilito dal suo tremendo solipsismo. Il film mi è apparso un po’ lungo rispetto alla quantità di cose che sembrava voler raccontare. In compenso, fotografia e scenografie sono degne del massimo rispetto. Non potendogli assegnare tre stelle e mezza, opto per le tre. Galeotta la lunghezza...
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