Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Un film insolito, sorprendente. Vicenda, ambientazioni e D. Day-Lewis facevo pensare ad un'epopea violenta e anti-eroica alla Gangs Of NY, con tanto di urla sguaiate, scontri, ritmo e tensione alle stelle. E invece, eccoci di fronte ad un raro esempio di colosso storico dal taglio intimista, condotto sui binari di uno straniamento e di un'ambiguità che costeggiano il grottesco (specialmente nella seconda parte) senza mai cadervi. I tempi sono dilatati o improvvisamente contratti; lo stile ibrido; i dialoghi talora stravaganti; i campi lunghi sulle sterminate lande occidentali sono completamente privati di ogni afflato epico; il lavoro alacre della comunità, le loro pene e il loro rapporto con la natura circostante è rappresentato senza alcuna traccia di lirismo; la colonna sonora, infine, straniante, angosciosa, ermetica costituisce la vera cifra stilistica di una pellicola certamente discutibile, ma altresì affascinante. Fra distacco e squarci di umida pietas, scorre il ritratto di un uomo-limite, sospeso fra realismo e simbolismo, quintessenza di quella mentalità del profitto di lontane origni protestanti che è alla base del capitalismo delle origini. Si potrebbe azzardare un confronto con la Ballata di Cable Hogue di Sam Peckinpah. Il petroliere non ha una vita al di là della sua unica ragione di esistere: guadagnare. Odia tutte le altre persone, in quanto le considera sia come potenziali concorrenti sia come falliti. Cerca e trova l'isolamento assoluto, sbarazzandosi di (falsi) figli, (falsi) fratelli e (falsi) profeti. La sua vita non è altro che una corsa spasmodica alla solitudine: visto da quest'ottica, il film ha il rigore di un teorema sugli effetti del capitalismo sui rapporti interpersonali. Molto originale anche il modo in cui viene affrontato il rapporto fra potere economico e religioso, visti come complementi di un'unica perversa idelogia in base alla quale la religione è strumento per il profitto e quest'ultimo è perseguito con fervose, appunto, "religioso". Anderson ha talento nel concepire un cinema che abbatte forse definitivamente la distinzione fra minimalismo e massimalismo; un copione bizzarro (neanche un personaggio femminile forte, uno schema di personaggi sbilenco, diverse reticenze) come quello del Petroliere e la sua regia subdola, soggetta a svariate chiavi di lettura, meritano di essere studiati e analizzati a fondo come espressioni tra le più stimolanti del cinema contemporaneo.
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