Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film
Dio formò l’essere umano prendendo del fango dalla terra, innestandogli l’alito di vita.
Il peccato originale, comportò la caduta nella corruzione, con la conseguente cacciata dal paradiso terrestre, della più riuscita creazione divina.
L’essere umano venne condannato a procurarsi il pane, attraverso la fatica ed il sudore della fronte. Espandendosi attraverso tutto il pianeta, colonizzando prima il vecchio mondo e poi quello nuovo, l’uomo occidentale nella sua spinta verso l'esplorazione, ha colmato gli ampi spazi vuoti, riempiendoli della propria presenza. Pionieri, mossi da un’incrollabile fede e fiducia ottimistica, si sono stabiliti sempre più progressivamente verso le inospitali terre del “lontano ovest” americano, impiantandovi le loro famiglie e dimore.
La purezza incontaminata di quei luoghi, non presenta tracce di quel paradiso terrestre tanto agognato. Sono territori ricoperti di sassi. Aspri e brulli. Non vi germoglia nulla a causa dell’acqua salata nel sottosuolo. Deprivando le comunità locali anche dell’alimento base del pane, venendo costrette a nutrirsi di patate e obbligate una pastorizia di pura sussistenza.
“L’homo novus” si è limitato a colonizzare il territorio, ma “l’homo economicus” vi trarrà ricchezza dal nulla. Daniel Plainview (Daniel Day Lewis) ritorna alla terra, in cerca di oro solido, trovando invece nelle viscere della terra, sangue pulsante da cui affiora l’oro nero.
“Ci sarà del sangue”/“There Will Be Blood” (suggestivo titolo originale del film di Paul Thomas Anderson), a costo di spaccarsi la schiena per la fatica e ritrovarsi sporchi ed unti del liquido fuoriuscito dal terreno, ma il “Petroliere” (2007), si fa strada tra i miti della giovane nazione americana, divenendo l’emblema del cercatore del XX secolo.
Il regista costruisce narrazione, sul cupo sviluppo capitalistico dell’ovest, dai chiari rimandi a Kubrick nella lunga parte iniziale, dove le sonorità ancestrali della partitura del chitarrista dei “Radiohead” Greenwood, rievocano sinistre sensazioni in merito alla piega amorale, che prenderà lo sviluppo di quelle località a seguito della scoperta del petrolio.
Daniel come l’australopiteco di “2001: Odissea nello Spazio” (1968), innalza al cielo la mano nera del petrolio appena trovato. In quel singolo gesto si scorge l’imminente balzo evolutivo di un’umanità, finalmente in grado di alimentare le nuove macchine.
La fotografia di Robert Elswit privilegia la desaturazione della paletta cromatica, per accentuare la spettrale desolazione dell’orizzonte.
Quei terreni privi di ricchezza, vengono sempre più cosparsi di pozzi estrattivi, trivelle e tubature, alterando profondamente la fisionomia del paesaggio, attraverso un accumulo di fumi neri.
L’avanzata della nuova civiltà industriale, ri-territorializza gli spazi nel nome di un distruttivo capitalismo assetato.
Attorno alle torri petrolifere, assurte a nuove divinità del lavoro, si impiantano nuove costruzioni e comunità in cerca di assunzione, benessere ed avvenire certo per le proprie famiglie. Ma tale “colonizzazione” si scontra con le vecchie credenze, di quel Dio duro a morire, radicalizzando la sua parola, attraverso le attività fanatiche di sedicenti predicatori evangelici.
Eli Sunday (Paul Dano), postasi come eletto a capo della “Chiesa della Terza Rivelazione”, diviene portavoce di una fede incentrata su un forte determinismo, in cui sono tutti irrimediabilmente peccatori, potendosi salvare solo seguendo le sue predicazioni.
Vecchio e nuovo ordine, si scontrano per in una lotta per l’egemonia del potere sulla comunità, che si riverbera poi nello scontro concorrenziale tra le varie imprese petrolifere. Daniel è il “self made man”, dove il sé stesso ed il fattasi da solo, coincidono nella biografia della sua vita. Al contrario gli imprenditori della rivale “Standard Oil”, rappresentano dei “self-man”, persone che hanno implementato la loro attività, senza pagare dazio con la fatica del loro corpo. Il futuro capitalismo finanziario in sostanza.
Quello proprio dei consigli di amministrazione e degli incontri a cena. Però da contrapporre a ciò, non c’è nessuna parabola morale positiva nella riuscita costruzione del sogno americano fatta da Daniel, basato su cupidigia, meschinità ed inganni.
Lo spietato materialismo incarnato dal petroliere, conduce ad una filosofia antropologica fortemente nichilista, dove conta solo la bieca visione individualista, proiettata ad occupare ogni spazio, giungendo fino alla distesa salata dell’oceano, dentro cui bagnarsi, prefigurando una nuova territorializzazione mai tentata, attraverso le future piattaforme petrolifere marittime.
Nell’uso dei longtake e nella persona del petroliere, si scorgono chiaramente echi wellesiani provenienti da “Quarto Potere” (1941), accentuati dal titanismo della recitazione di Daniel Day Lewis, immerso in una prova spaziante tra cupa potenza ed echi biblici, all’insegna di una rabbiosa cupidigia assassina, degna del Bogart presente nel “Tesoro della Sierra Madre” (1948).
Le sonorità metalliche dei picchetti e del rumore delle trivellazioni, accompagnano i movimenti e le gestualità di un Daniel sordo, molto più del figlio adottivo che porta sempre con sé, essendo scettico sul valore da attribuire alle parole, viste dall’uomo come intrinsecamente false.
Chiuso e solitario sino all’isolamento di sé stesso, Daniel/Kane trova finalmente la sua Kandau, nell’enorme, ma vuota, residenza californiana, de-privata della sua “Rosebound”, in quanto ha drenato nella propria attività ogni possibile goccia affettiva.
Un film rigoroso ed essenziale, all’insegna di uno stile registico più classico e posato. Paul Thomas Anderson svuota la frontiera del suo alone mitologico, poggiando l’opera sul fulcro tematico protestantesimo/capitalismo. Daniel Plainview risulta senza ombra di dubbio l’eletto scelto da Dio e non Eli Sunday, in quanto il petroliere è il “self made man”, secondo la visione weberiana presentata nel saggio “L’Etica Protestante e lo Spirito del Capitalismo”. Un’ anti-epopea totale destrutturata nei suoi miti, basata sull’ineludibile violenza connaturata ad un essere umano, oramai regredito allo stato di scimmia su 4 zampe, mentre armeggia un birillo macchiato di sangue nero, lo stesso sgorgato dalle viscere della terra; in una discesa che distrugge ogni idea di progresso iniziale, ritornando allo stato di primate. Un di 2001 di Kubrick al contrario nel percorso verso il regresso.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori: //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta