Regia di Rob Zombie vedi scheda film
Nono richiamo per il killer più famoso e spietato del cinema. E' comprensibile che l'interesse per Michael Myers si sia affievolito ultimamente, quindi la Miramax ha pensato ad un nome promettente per ricordarci che lui non è (ancora) morto. E' Rob Zombie infatti che raccoglie la sfida di misurarsi con lo Slasher di Carpenter, traendone un remake (grazie a Dio) stilisticamente trasversale. La prima parte, frutto del prequel che racconta come il piccolo Michael diventa l'attuale Michael Myers, è narrata coi tempi giusti e coinvolge da subito. Se da un lato il ritratto della famiglia disagiato si rivela piuttosto stereotipato, dall'altro emerge lo stile di Zombie: dice (e mostra) senza esitazioni il dovuto e intervalla le sequenze con stacchi musicali singolari ma azzeccati. Ottima prova per l'inquietante Daeg Faerch e la bella Sheri Moon, ormai garanzia in ogni film del marito. La fase di trasizione del film, che ha luogo nell'ospedale psichiatrico, insieme con la precedente richiama alla memoria il crescendo di tensione architettato trent'anni fa da Carpenter. Già, perchè nella terza viene raccontato il "presente" ed è la parte più nota. Il Myers di Zombie è efferato e spietato, nonchè guidato dalla mano di un regista decisamente abile nel mostrare l'orrore e la paura. E forse l'unico problema è proprio il vincolo che il "già raccontato" pone all'estro del probabile iniziatore del new new horror americano.
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