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Io sono leggenda

Regia di Francis Lawrence vedi scheda film

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La recensione su Io sono leggenda

di amandagriss
6 stelle

Terzo adattamento per il cinema dopo “L'ultimo uomo sulla terra” ('64) e “1975: Occhi bianchi sul pianetaterra” ('71), dell'omonimo bellissimo romanzo di culto dello scrittore americano Richard Matheson ('54).
Il film, ambientato nella nostra contemporaneità, porta sullo schermo una New York (Manhattan) ancora una volta spettrale e suggestivo scenario di un'apocalisse appena conclusasi, svuotata dei suoi milioni di abitanti e abbandonata a se stessa, monumentale cimitero in rovina distrade, grattacieli, ponti, giardini, negozi, automobili; muta testimone di una civiltà a cui è sopravvissuta; territorio sinistro, terrificante, opprimente nella sua desolata vastità e straniante fissità. In questo irreale 'caos calmo' si muove l'ultimo superstite fra gli uomini, lo scienziato Robert Neville (che ha il volto di Will Smith) che assieme al suo unico inseparabile compagno, un cane pastore tedesco, trascorre le lunghe solitarie giornate a perlustrare ogni angolo di quella che adesso è solo un’immensa città fantasma, alla ricerca di altri sopravvissuti come lui, scampati alla sconosciuta fulminante epidemia colpevole di aver decimato la popolazione terrestre, originando una nuova stirpe di esseri chedi umano non conservano proprio più nulla: creature feroci e assetate di sangue, moderni vampiri che rifuggono la luce del sole rintanandosi in tutti gli oscuri anfratti di questa metropoli sventrata, aspettando il tramonto per uscire allo scoperto e fare razzia di tutto ciò che ancora si muove e respira. Buona la prova di Will Smith, voce solista di infiniti sacrosanti interrogativi morali-esistenziali che albergano in ogni essere umano; eccellente sintesi di paura, coraggio, annichilimento, determinazione, forza, fragilità; incarnazione dell'estrema ostinazione di vivere, della disperata speranza, dello sconforto abissale di fronte ad una catastrofe in cui l’unica cosa ragionevole da fare è soccombere. Il regista di Constantine veste il suo racconto di amarezza e sgomento, sa creare tensione e allestire atmosfere di grande suggestione e potente spettacolarità incantando e spaventando al tempo stesso. Anche qui, come in Cast Away di Zemeckis, viene svelato il rovescio della medaglia, la faccia perennemente in ombra di una possibile realtà di solitudine, tranquillità ed estrema libertà non proprio così allettante come seguitiamo a figurarcela in questo nostro mondo sempre più stretto, caotico e sovraffollato (e la frenetica New York che non dorme mai è un esempio calzante). Pellicola che nel suo ottimistico (e bel) finale si distacca da quel capolavoro di disperazione assoluta che è la sua pagina scritta (opera vibrante e potentissima che regge splendidamente al tempo); è forte sotto il profilo interpretativo e nell'imponente messa in scena di un'architettura urbana restituita alla natura, che lentamente ma inesorabilmente la inghiotte, delude, invece, nel presentarci il temutissimo cattivo, tra i più squallidi e insipidi fantocci che l'era digitale abbia mai partorito, davvero la nota stonata di una sinfonia da camera sapientemente orchestrata, a tratti sublime, commovente, profondamente empatica. 3 stellette e ½.

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