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Non pensarci

Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Non pensarci

di MarioC
7 stelle

Cinema leggero solo all'apparenza, Non pensarci segna probabilmente il punto più alto della carriera di Valerio Mastandrea. E non tanto per il valore intrinseco dell'interpretazione, comunque impeccabile e sfrondata di inutili orpelli, quanto per la totale adesione dell'attore al personaggio, e viceversa. Chi si ricorda le prime apparizioni di Mastandrea al Costanzo Show, quel misto di timidezza ironica e falsa arrendevolezza capitolina, quel sottile senso di inadeguatezza che tuttavia provava a resistere, sa di cosa sto parlando.

La storia del musicista sfigato ed impantanato in sogni punk senza sbocco, e che per questo decide di regalarsi una pausa sabbatica tornando nel nucleo familiare, offre a Zanasi il destro per avventurarsi, non senza consapevolezza, in una descrizione affettuosa ma spietata della provincia italiana e del suo più evidente paradigma: quello, appunto, familiare.

Ciò che Stefano Nardini trova a Rimini è una confusione apparentemente organizzata: l'azienda di famiglia mostra segni di cedimento, il padre e responsabile sta per passare la mano vittima di un cuore matto e di debiti più che asfissianti, i fratelli si barcamenano tra aspirazione altre (il personaggio di Anita Caprioli) e l'impossibilità di proseguire lungo una strada che non si sente in fondo propria (il solito impagabile Giuseppe Battiston).

Tocca a Stefano tentare di riavvolgere il nastro e provare a garantire una continuità, proprio lui che, con il suo ritorno, ha compiuto un evidente gesto discontinuo nella trama della sua vita.

Il modo in cui il figliol prodigo tenta nell'impresa è il vero punto di forza del film e la ragione per cui l'interpretazione di Mastandrea va totalmente apprezzata. Stefano attraversa le fiamme della crisi con animo fintamente rassegnato, con una consapevolezza via via crescente della necessità  di farsi, suo malgrado, deus ex machina, mai avendone sospettato di possederne lo stigma.

Intanto le cose precipitano, e Stefano ci mette del suo (la bugia sulla sessualità della sorella, sorta di tentativo di sconvolgere gli equilibri per pura noia esistenziale), perso in un microcosmo che si ciba dei suoi piccoli rituali da bar e da comunità autoriferita (si veda anche il personaggio di Luciano Matrix, davvero ben scritto e portatore di una vena di avvolgente malinconia).

Senza svelare altro, diciamo che le cose alla fine si aggiustano (siamo in Italia, no?). L'esperienza sarà fonte di crescita per tutti, in particolare per Stefano che avrà compreso, forse, il valore della responsabilità e del distacco, in ciò favorito da una rivelazione traumatica fattagli dalla madre, di quelle che ti annientano l'esistenza oppure ti portano a (ri)guardarla con serena sfrontatezza.

 

Diamo merito anche al resto di un ben assortito cast: già detto di Battiston, che è attore meritevole di chances forse più alte, cenni per Anita Caprioli ed il suo fascino sereno e per Caterina Murino, il cui personaggio, al netto di una recitazione talvolta approssimativa (l'unico a trarre il meglio espressivo da una tal bellezza fu probabilmente Corsicato), si fa portatore di una non banale carica di tristezza, occultata da sorrisi e lustrini.

 

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