Regia di Gianni Zanasi vedi scheda film
Quando ho messo piede in quella sala, mai avrei immaginato che ne sarei uscito che ero un'altra persona, un essere inquieto e posseduto dal fantasma del Dubbio. Tutto ebbe inizio (accidenti sembra l'incipit di un romanzo!) quando, un pomeriggio di molti mesi or sono, lessi che il buon Valerio Mastandrea stava girando un film in cui impersonava un chitarrista di punk-rock e la notizia mi solleticò non poco, suggerendomi l'idea di qualcosa di finalmente originale per il nostro cinema italiano oramai ripiegato su sè stesso. Fra parentesi, di Mastandrea penso tutto il bene possibile, pur consapevole che in fondo si tratta di un non-attore, nel senso che non ha fatto nessuna scuola specifica per diventarlo, diciamo che è cresciuto "sul campo", affrontando a mani nude il pubblico dei piccoli teatrini romani, dunque la sua recitazione è del tutto spontanea, priva di qualunque sovrastruttura di tipo professionale. Va da sè che tale spontaneismo, se non ha un regista con le palle che lo incanala nella giusta direzione (tipo un Virzì), sono guai. Avevo anche letto, dalla stessa fonte, che il regista sarebbe stato un certo Zanasi di cui non avevo visto nessuna delle precedenti opere. In compenso avevo visto in tv una brillante intervista con costui, che me lo aveva reso umanamente assai simpatico. Lui ha una faccia impagabile da freakettone di provincia e come tale anche si esprime, stabilendo un contatto spontaneo ed immediato con chiunque si trovi ad averlo come interlocutore. Dunque, Mastandrea e Zanasi: due tipi che ispirano simpatia e dai quali è lecito attendersi un'opera fresca e divertente. Arriva finalmente il 4 aprile, il film esce nelle sale e io non vedo l'ora. Fra l'altro, quello stesso 4 aprile, prima di uscire di casa mi documento sui giudizi della critica. Incredibile. E' un plebiscito di ovazioni. Addirittura "Repubblica" gli attribuisce non "la faccina lieta", ma proprio la "faccia che ride", il massimo della valutazione. Ma voglio andare oltre e accendo il mio pc per consultare quei due o tre siti di cinema che abitualmente frequento e...anche lì colgo un'apoteosi di complimenti verso il magico Zanasi. A quel punto, col cuore gonfio di promesse, varco l'ingresso della sala, si spengono le luci e...dopo 105 minuti di estremo imbarazzo esco allibito nella convinzione di avere assistito ad uno dei piu' brutti film italiani della mia vita. E, camminando, comincio a farmi delle domande, alcune ovvie (del tipo: "ma i critici che film hanno visto??" oppure anche "può essere che hanno lodato il film solo per simpatia verso Zanasi?") altre piu' preoccupanti (del tipo: "ma perchè ad ogni parola -anzi sarebbe piu' esatto dire ad ogni bisbiglio- che usciva dalla bocca di Mastandrea, mentre io sprofondavo nella poltroncina dall'imbarazzo, tutti quanti si scompisciavano in preda all'entusiasmo??" e ancora "ma allora l'Alieno sono io o sono gli altri ad esserlo??"). Ma procediamo per ordine. E cominciamo da quel poco che ho apprezzato, che poi si restringe a due sole cose: il delfini che si vedono nuotare in un acquario (dio, che animali splendidi che sono, li adoro!) e poi la bellezza e la bravura di una magnifica Anita Caprioli. Finito. Tutto il resto è noia (citazione). In generale posso affermare che in questo film c'è un'assenza clamorosa: la SCENEGGIATURA. Perchè, scusate, voi me le chiamate Sceneggiatura due ideuzze di partenza e neanche poi tanto originali? Nella fattispecie le numero due ideuzze sono le seguenti: a) - industriale con seri problemi economici -e relativa crisi psicofisica- sul punto di cedere l'azienda b) - 35enne immaturo e irrealizzato che torna nella casa natìa dai genitori per ricercare sè stesso e fare il punto sulla propria vita. Ecco, il film è tutto qua. Il resto sono primi piani a milioni, facce, faccine, faccette, facciotte, frasi smozzicate, mezze frasi bofonchiate o bisbigliate (e -badate- non c'è una sola di queste frasi che superi la banalità, che non trasformi la semplicità in fastidio, i dialoghi in teatrini imbarazzanti). Caro Zanasi, non t'offendere, ma inquadrando per 3 o 4 interminabili minuti la faccia di Mastandrea che alza un sopracciglio e dice "Bah" o "Boh" oppure esala un impercettibile sospiro...che tipo di Cinema credi di fare? Quel cinema FRESCO che i critici (beati loro) hanno applaudito? Ora: io capisco tutto, dall'approccio minimale al ritrattino garbato della provincia romagnola, ma, DIAMINE!, qualche straccio di sceneggiatura che dìa un pò di nervo e di sostanza, no?? Battiston: vabbè è simpatico e piace a tutti, perfino a me, ma (cristo!), qui fa pena, apre bocca solo per dire banalità; ma anche le azioni che la sceneggiatura (oddio che parola grossa...) prevede per lui sono ovvie e prevedibili. E i personaggi di contorno? Tutti tratteggiati in modo fastidioso e superficiale, tipo il giovane politico in carriera (macchecavolo di personaggio è???) oppure la squillo autogestita (mmh...le squillo vere non si fanno tutti 'sti pensieri: lavorano, incassano e stop). E poi, scusate, voi come ce lo vedete Mastandrea, con la sua flemma un pò goffa, a suonare la chitarra in una scatenatissima band di hardcore-punk? Ne è la negazione assoluta, appunto. E qui abbiamo sfiorato un tasto moooolto doloroso, per cui adesso affondiamo il dito nella piaga, affrontando il capitolo "il magico mondo della musica" visto da Zanasi. Per far vedere che Mastandrea è un musicista "arrivato" in ambito indie-punk, sapete cosa fa il regista? Ce lo mostra mentre sfoglia dei vecchi numeri di RUMORE, ROCKERILLA e il MUCCHIO SELVAGGIO tutti recanti la sua immagine in copertina: qualcuno s'offende se sostengo che è un'idea cretina? Ma poi, e qui seguitemi con attenzione: voi avete una almeno vaga idea di cosa sia in Italia il mercato discografico del punk-hardcore?? Dire che è una roba di nicchia è già generoso, è roba per pochi appassionati. Beh, nel film tutti chiedono (tipo, per dire: il fruttivendolo sotto casa) a Mastandrea "A CHE PUNTO E' IL DISCO NUOVO"....Capito? Glielo chiedono come se lo chiedessero (che so?) a Ligabue o alla Tatangelo. Come fosse un evento, insomma, quando in realtà è risaputo che "quel tipo" di dischi sono spesso autoprodotti e non implicano gestazioni esagerate o sedute di registrazione infinite. E inoltre quei due o tre brani indie (interpretati dai due -peraltro validi- gruppi MERCI MISS MONROE e HOT GOSSIP) sono proposti e riproposti talmente tante volte che vengono anche un pò leggermente a noia. E, infine, per favore qualcuno mi spiega che ci azzecca Ivan Graziani in tutto questo? Ma ora vorrei concludere dandovi un'idea delle punte drammaturgiche raggiunte da quest'opera: immaginatevi Mastandrea che (alla Nino Castenuovo) scavalca un balcone per buttarsi di sotto e finisce per cadere sopra un cagnolino di passaggio (la scena si intuisce ovviamente, mica potevano far vedere un cane spiattellato); beh non ci crederete ma nella scena successiva si vede il cane con una zampetta ingessata. Ah Ah. Che ridere.
(PS:) Ho letto un'intervista recente con Mastandrea in cui gli veniva chiesto se avevano pensato di affrontare il problema che, trattandosi di una famiglia romagnola, lui ostenta invece un bell'accento romano...Sapete cosa ha risposto? "Ah sì, all'inizio se n'era discusso con Zanasi, ma poi abbiamo deciso di fregarcene, tanto poi è la storia che conta e la gente dopo un pò non ci fa neanche piu' caso". Bravo Mastandrea. Sta a guardà ar capello.
Voto: 4
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