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Johnny Stecchino

Regia di Roberto Benigni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Johnny Stecchino

di stanley kubrick
8 stelle

Una festa è un momento riconciliante tra due mondi perduti, quello della felicità e quello della tristezza, un incontro strano tra gente che, all'apparenza, può anche non conoscersi. Su questa base si apre l'incicpit fragoroso del film di Benigni, che qui si preoccupa, oltre che alla comicità strabordante tipica dei suoi prodotti, a un certo genere chiamato gangster, tanto in voga nel cinema americano degli anni 70-80. In una festa ci sono delle basi da rispettare, il divertimento è sicuramente la cosa più importante, il resto verrà più tardi, più avanti nel film, quando si scoprirà il delicato viso, da fata, di Nicoletta Braschi, nel momento in cui entrerà in scena, schiantarsi di colpo contro il grezzo Dante, interpretato dallo stesso regista, oltre che in un palo. Questo incontro avviene in modo fortuito, lei che cerca lo sbocco per l'autostrada, lui che è appena uscito dalla festa. Il saluto dolce, sensibile che si danno i due si contrappone a quello fuorviante e sopra le righe dei partecipanti della festa, che magari dopo quest'ultima si infilano a casa propria con qualche puttana per fare sesso fino al mattino. Queste due civiltà non si potranno mai incontrare, alieni (la gente della festa) e umani (i due protagonisti) non raggiungeranno mai un contatto di amore e di amicizia, non perchè i mondi sono troppo lontani, distanti anni luce l'uno dall'altro, ma soltanto perchè il modo di fare, la sensibilità, la bellezza non corrispondono tra di loro. L'umanità sembra quella più pulita, le forze aliene sembrano distruggere tutte le certezze che gli abitanti di un corpo celeste chiamato Terra hanno e in cui credono fortemente. Basta questo assunto iniziale per far capire allo spettatore che questa non è la solita commedia pecoreccia tipica di Pieraccioni o la banda De Laurentiis, ma è una semplice ma complessa opera che fa sorridere, nel suo grande, perfino quegli esseri grezzi che sono gli alieni. Sapranno invaderci, sapranno perfino rapirci ma questo è certo, non hanno ancora mai esplorato i meandri interni che l'amore può donare a chiunque. Se quell'autostrada non ha voluto ospitare la protagonista, forse perchè voleva che tutto questo accadesse, che i due si innamorassero a prima vista e, specialmente, che il tema del doppio doveva già manifestarsi dopo soli cinque minuti dall'inizio della pellicola, dopo uno svenimento strabordante dove lei casca ai piedi di lui. L'amore non ha confini su questo, ma il fatto dello spavento riesce perfino a dare un senso a un piccolo frutto, che sembra che a Palermo lo venerano, la banana.

Stuzzicadenti in bocca, neo sotto l'occhio sinistro, cappello nero come la manifestazione oscura di un fenomeno paranormale, giacca e cravatta, anch'esse nere (non preoccupatevi, non sto citando l'inizio dentro il penitenziario di The Blues Brothers). Ecco come deve essere un vero gangster di Palermo, rispettato da tutti, oltre che avere dei segni particolari. La figura di Johnny Stecchino non riesce, però, a sopraffare l'incredulità che lo spettatore ha acquistato dopo il primo incontro tra i protagonisti del film. Avrebbe stupito di più coloro che si volevano sorbire un film di Carlo Lizzani o Umberto Lenzi. E' molto bello vedere come Benigni giochi con la figura contrapposta alla natura umana, quella vera e tipica di questo racconto. La bravura del regista sta nel fatto della sua interpretazione, dato che presta corpo e mente sia a Johnny, il cattivo, sia a Dante, l'ingenuo e ancora bambinesco Dante. Il primo che si preoccupa di manovrare tutto lo sporco che si può trovare in ogni città, il secondo semplice guidatore dello scuolabus che porta i ragazzi affetti dalla sindrome di Down. Toccano il cuore i dialoghi, anche se scherzosi, tra un malato e Dante. Quest'ultimo trova conforto e spirito per la linfa da una persona che vive in un mondo tutto suo, nonostante partecipi attivamente alla vita della Terra. C'è però un limite a tutta questa favola, rappresentato dal fatto che all'amore della vita di Dante piacciono molto i dolci, mentre invece il suo amico affetto dalla sindrome di Down è diabetico. Questo spirito antagonista della storia sembra essere mandato da Johnny Stecchino in persona, in modo da proteggere sua moglie da un uomo che è tale e uguale a lui e lasciarlo tra le braccia positive del suo amico. Però, questa manovra risulta completamente azzardata, visto che Dante viene usato come diversivo (visto che è identico a Johnny Stecchino) in modo e maniera che venga ucciso, cosicchè il vero gangster malavitoso venga considerato morto, dato che era entrato in loschi affari.

 

La vita da gangster può sembrare semplice. Tutto il giorno seduto sulla sedia a godersi il sole al mattino e la luna alla sera, mentre i tuoi sicari si preoccupano del lavoro sporco. Potendo contare soltanto sull'aiuto di sua moglie, propensa di più verso il vero amore, quello cristallino e dolcissimo verso Dante, su un rifugio nel sottosuolo sporco e putrido di un garage e su uno zio cocainomane che si spara droga dalla mattina alla sera, il nostro Johnny sembra più un povero malato di mente rinchiuso in una clinica psichiatrica che un signor gangster, capace di radere al suolo con la sua potenza perfino una città grande come Palermo, capace di far spaventare i gangster che si rifugiano al nord d'Italia. No. Johnny Stecchino non è nulla di tutto questo. E' solo una macchietta indelebile che cerca di approfittarsi di tutto e di tutti, e che alla fine lo prende nel didietro, come è giusto che sia.

 

La vita da gangster la fa, udite udite, il povero Dante, che è stato costretto a farsi truccare da Maria, cosicchè possa avvenire il momento clou del film, quello di ingannare i gangster e far uccidere Dante. La villa dove risiede sembra fatta apposta per lui, un tavolo dove mangiare quante più schifezze è concesso, una moglie (finta ma che gli vuole un bene dell'anima), un letto su cui coricarsi la notte, dopo aver passato una giornata in città, sotto lo sguardo basito dei passanti, a rubar banane e venir sparato da dietro, da uomini in giacca e cravatta seduti in un auto nera. Lui, che dovrebbe accompagnare la gente disabile a scuola, che sta con i piedi per terra, a differenza di un gangster, che sta con i piedi sottoterra.

 

Molte scene sono divertenti, a partire da quella del teatro, proseguendo con quella al commissariato, arrivando a quella della cocaina che fa bene per il diabete, chiudendo con la scena (quasi) finale del bagno, dove la cattiveria viene finalmente sconfitta ...dalla cattiveria in persona! Poi c'è il tema della ricorrenza della banana, strumento ostile al protagonista ma estremamente buono e facile da rubare. Altra ricorrenza è quella della moglie del ministro, sentita alla festa iniziale e ripresa nella festa finale, dove alza la gonna alla vera moglie del ministro. Insomma, Johnny Stecchino rappresenta l'apice della commedia di Benigni, apice che non ha mai più raggiunto. In fondo è un peccato non vedere più Maria e Dante insieme, e vedere soltanto un ragazzo affetto dalla sindrome di Down correre come un pazzo dopo aver assaggiato la cocaina, che cura il diabete. Quella sì che era una favola, altro che Pinocchio.

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