Regia di Michel Gondry vedi scheda film
Un film di Michel Gondry è un toccasana per l’anima, sempre. Non fa eccezione questo bellissimo Be kind rewind, scritto e diretto dallo stesso Gondry in cui una accidentale smagnetizzazione di un’intera videoteca di film in VHS da parte di uno strabordante Jack Black, costringe due amici a rigirare i film persi con mezzi di fortuna, riciclando pezzi di robivecchi e infarcendo il tutto di una passione vigorosa. Il film è uno spasso vero, genuino, si apre con una farlocca biografia di un millantato cantante di jazz, eroe del quartiere dove sorge l’obsoleta videoteca piena di classici schiacciati dal grosso distributore di blockbuster ipermoderno, che deve chiudere perché oberata di debiti. Prosegue con deliranti e divertentissime re interpretazioni di film famosi, Robocop, Ghostbusters, A spasso con Daisy e molti altri. Ma l’operazione benché estremamente divertente non è fine a sé stessa. Gondry riprende il tema dell' Arte del sogno in cui i materiali riciclati perdevano la loro funzione utilitaristica di oggetti per essere reinventata in modo creativo, acquisendo un'anima propria ed esclusiva.
Riciclo di oggetti nell' Arte del Sogno, riciclo di idee in questo ultimo film. Pellicole che si sono stampate nell'immaginario collettivo e che vengono rispolverate, adattate, rese umane e fruibili. Condivisibili soprattutto. Un'operazione nostalgica che riporta il cinema inteso come passione, dall'olimpo dell'irraggiungibile alla più completa e riconoscibile immedesimazione. C'è un'opera intellettuale ben precisa dietro a questo concetto, che sta prendendo piede. Pare che il prossimo fenomeno INDIE del prossimo anno ( dopo Little miss sunshine e Juno che esploravano il tema degli anni passati: la famiglia) sarà un film indipendente (appunto) in cui due ragazzini delle medie rifanno a modo loro RAMBO, film che ha suscitato l'interesse anche di Silvester Stallone
Come era nostalgico Se mi lasci ti cancello, una nostalgia per tutte le pieghe dell'animo umano, anche verso quelle più dolorose ma necessarie per crescere e non ricadere negli errori, Be kind rewind è un film che parla al passato, si volta dietro a riprendere i pezzi di storia col fiatone lasciati dietro da una modernità sempre più incalzante in cui le invenzioni visive geniali e tutte assolutamente reali, senza l’ausilio di alcuna tecnica digitale, compongono la cifra stilista di questo film che parla di film. Si ritorna ai mezzi di fortuna degli albori del cinema, quello artigianale fatto di idee e entusiasmo, tra la poesia di Méliès e il cialtronesco “buona la prima” di Ed. Wood , un cinema con l’anima che cattura la gente e la fa rimanere incollata allo schermo fino alla fine in un rito collettivo che ha del religioso. L’affabulazione del cinema è così portata all’eccesso, una caleidoscopica ripresa frammentata di idee straordinarie, fulminanti, fotografano in un attimo film come 2001 odissea nello spazio, Carrie, Man in Black, montate sulla storia principale stratificano la pellicola e moltiplicano lo sguardo dentro il cinema, fino al finale, strepitoso in cui si apprende come sia stata realizzata la biografia del cantante di Jazz dell’incipit. E’ un atto d’amore straordinario, quello di Gondry, verso il cinema visto come magia, come strumento per realizzare i sogni, renderli umani e fruibili esattamente come i due protagonisti fanno con i film rifatti da loro e che diventano celebrità. La critica verso i nuovi media non è neppure troppo nascosta, alla caotica vitale videoteca di nastri consunti si affianca l’asettico store di blockbuster in dvd, tutto plastica e nessuna conoscenza della materia, oggetti per onanisti del video, solitari e elitari. Si, perché be kind rewind è un film per cinefili, per puri di cuore, per sognatori nostalgici, per chi vuole provarci un giorno e ancora non ne ha avuto il coraggio, è un film che dopo un po’ fa male perché parla del tempo che cancella i ricordi e le ambizioni come vengono smagnetizzate le cassette, e come i graffiti su un muro vengano ricoperti piano piano da graffiti diversi. Parla direttamente al cuore dello spettatore, parla con un linguaggio conosciuto, come ne L’Arte del sogno, con materiale plasitico, tattile, riconoscibile: parla con il cartone modellato a forma di auto, di pizze che diventano macchie di sangue, di decine di mani infilate in un cartone che diventano tasti di un piano, ventilatori che danno l’impressione, filmandoci attraverso, che la pellicola sia vecchia, farina a fare la neve e così via. Un cinema di idee, di fede, di passione. Per questo non rimarrà troppo nelle sale e sparirà travolto da campioni di incassi, ma se si ha la fortuna di incrociarlo in qualche sala, i fortunati che vi assisteranno potranno riconciliarsi con uno spettacolo emozionante e pulito, incontaminato. Assolutamente da non perdere.
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