Regia di Koji Wakamatsu vedi scheda film
Quella che ci viene proposta è la rappresentazione del sacrificio nel più puro senso del termine, privato di ogni finalità sacra, che è solo un gesto individuale e gratuito, conformato all’estetica “malata” del singolo. È una lama solitaria e perversa ad abbattersi sugli “angeli” caritatevoli, a squarciare il candore della loro innocenza, a troncare il loro amore verso il prossimo. L’intruso profana il loro paradiso, un angolo riservato e autarchico dal punto di vista affettivo, trasformandolo in un inferno, che partecipa alla violenta follia del mondo. L’uomo irrompe nella loro vita appartata come il peso della storia, che li trafigge, li abbatte, li incatena al suolo, togliendo loro per sempre la leggerezza dell’anima, il privilegio di poter volare. Una sola delle vittime designate saprà sottrarsi al crudele gioco: le basterà porsi nella dimensione del mito, a metà strada tra la terra e il cielo, alla portata dei sogni mai finiti dell’infanzia. La sirena che corre in riva al mare è la creatura un po’ eterea e divina, un po’ sfuggente e ammaliatrice, che sa farsi desiderare da lontano.
Una cupa orgia di lacrime, sangue e sesso che sfuma nell’incanto di una favola.
La canzone “Hozuki Umihozuki” è una melodia da fiaba, suadente ed ipnotica come una ninna nanna celeste.
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