Regia di Valeria Bruni Tedeschi vedi scheda film
Nel sito Allociné.com, Valeria Bruni Tedeschi rilascia un in’intervista con la quale precisa gli intendimenti della sua opera: “Il film racconta di una donna che, nel mezzo della sua esistenza, ha improvvisamente l’impressione di svegliarsi, come se per tutta la vita avesse dormito o vissuto in un sogno, fuori dalla realtà. E’ un’attrice, recitare è il suo mestiere. Ha vissuto molto sulla scena. Ha amato sulla scena. Ha sofferto sulla scena. Ha desiderato sulla scena. Nella vita, è una donna sola. Non ha figli. Perché è giunta a questo punto? In realtà, non lo sa neppure lei. La morte di suo padre? Quella del suo primo amore? La presenza invadente di sua madre? Il tempo è trascorso senza che lei ne avesse il tempo. Il tempo di cosa? Di avere tempo. Il titolo di questo mio film avrebbe portuto anche essere «La vita è un sogno»”. Così Valeria Bruni Tedeschi che, con la sua seconda regia, realizza a mio parere un’opera coraggiosa e difficile, piuttosto intellettuale e che può comprensibilmente aver annoiato qualche spettatore. Comprendo quindi le due opinioni che mi hanno preceduto, ma per me questo resta un film importante e decisamente riuscito. Ammetto di essere influenzato dalla mia passione per il cinema d’Oltralpe e per gran parte del cinema ambientato nel mondo del teatro, nonché dalla mia parentela linguistica con la regista-attrice. Quest’ultima si mette in scena senza auto-compiacimento, raccontandoci un periodo della sua vita travagliato e confuso. Lo fa senza temere di apparire infantile, debole o addirittura ridicola. Appare goffa nelle scene della piscina, con i suoi due pezzi piuttosto sgraziati, umile e sottomessa nella sua visita ginecologica, imbarazzata nei suoi rapporti con l’altro sesso. E’ circondata da quella strana e provvisoria famiglia che riesce ad essere il teatro. I personaggi sono numerosi, rivelano caratteri complessi e stravaganti, tipici degli attori. Dopo “E’ più facile per un cammello...”, questa seconda vicenda di sapore autobiografico ci racconta l’allestimento e il debutto della pièce “Un mese in campagna” di Ivan Turgenev nel Théatre des Amandiers di Parigi, dove Valeria Bruni Tedeschi lavorò realmente per due anni all’inizio della sua carriera. Il film strizza l’occhio a due capolavori di François Truffaut: “Le dernier metro” per l’ambientazione teatrale e “La Nuit Américaine” per la descrizione dei rapporti tra i vari personaggi. Mathieu Almaric interpreta da par suo il ruolo del regista. Ammirato come sono dal suo talento, avrei desiderato una parte più estesa, da co-protagonista. Il film, però, s’intitola non a caso “Actrices”, e l’autrice insiste maggiormente sui personaggi femminili. Tra questi spicca Noémie Lvovsky, l’assistente del regista, ex-attrice e madre di famiglia, nostalgica della sua giovinezza artistica, che nutre nei confronti di Marcelline (Valeria Bruni Tedeschi) sentimenti d’affetto ma anche d’invidia. La galleria di personaggi prosegue con la madre e la zia della protagonista, interpretata da una simpatica anche se troppo liftata Simona Marchini. Con queste due figure, Marcelline parla ovviamente in italiano, una sfumatura che purtroppo scompare nell’edizione doppiata del film, castigata peraltro dall’idea balzana di doppiare anche Valeria Golino, nel suo piccolo ma significativo ruolo, e la stessa Bruni Tedeschi. Un vero e proprio errore, se si pensa a quanto particolari siano le voci di queste due attrici! Una segnalazione merita infine l’elegante scelta della colonna sonora, che spazia dal jazz di New Orleans alle « Nozze di Figaro », passando per una scena memorabile girata in piscina sulle note di « In the mood ». E’ vero e lo ripeto, il film è piuttosto intellettuale, ma secondo me fa proprio bene alla mente. La cognata di Sarkò rivela uno spessore culturale e umano di gran lunga superiore a quello della pur affascinante sorella.
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