Regia di Valeria Bruni Tedeschi vedi scheda film
Giunta alla seconda parte della sua cinebiografia, Bruni Tedeschi abbandona il mondo agrodolce e le nostalgie colorate di “E’ piu facile per un cammello..” e si immerge nelle atmosfere autunnali e un po rarefatte di “Actrices”. La materia del contendere nasce dall’urgenza di oggettivare un esistenza in bilico tra i successi del palcoscenicoe la precarietà del privato. Per tradurre questa necessità la Tedeschi adotta una storia vicina alla sua vicenda personale (il palcoscenico delle prove è lo stesso che la vide esordire nei teatri parigini mentre il ricordo dell’amante prematuramente scomparso rimanda all’analogo destino toccato in sorte al fratello dell’attrice, a cui il film è dedicato) ed una struttura di impianto teatrale, corredata da intermezzi di quotidianità che alleggeriscono i toni e danno ritmo alla narrazione. Durante le prove di “Un mese in campagna” di Turgeniev, un attrice di massimo successo è colta da una crisi d’identità che metterà in discussione il valore dell’arte e le scelte di una vita. Il tema è di quelli impegnativi così come le scelte della Tedeschi che non rinuncia al suo cotè attoriale ma lo mette a disposizione di un linguaggio cinematografico tradizionalemente frequentato da grandi come Bergman, ampiamente citato nelle estemporanee resurrezioni dei cari estinti e nell’alter ego artistico della diva, impersonato da una Golino in libera uscita, per non parlare di Truffaut, riproposto nella rappresentazione di un modello narrativo in cui il binomio arte/vita fluisce senza soluzioni di continuità. I propositi sono lodevoli ma il film non decolla perché i modelli sono accettati in maniera acritica e senza l’elaborazione necessaria ad evitare il clichè. Le situazioni d’autore, schematiche e poco appassionanti, sono presentate in maniera programmatica ed alla fine fanno addirittura rimpiangere il dilettantismo dei siparietti familiari.
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