Regia di Nicholas Ray vedi scheda film
Il difetto di questo atipico western sta nella frizione fra il copione di Yordan e la messa in scena di Ray. La sceneggiatura infatti è fin troppo complessa, macchinosa, verbosa: tanti i personaggi, tante le loro reciproche motivazioni, tanti risvolti sentimentali. Ray ha avuto il merito di prendersi tutto il tempo necessario per dispiegare questa intricata materia, senza penalizzare nessun aspetto del copione: per questo ha pagato dazio sul piano del ritmo, dell'azione, del dinamismo della vicenda. Il risultato è un film prolisso, purtroppo. In un certo senso lo era anche il suo primo capolavoro, "La Donna Del Bandito": ma in quel caso, il ritmo lasco, i tempi strascicati, le sequenze dilatate erano espedienti necessari per mettere in risalto il senso di sbando morale ed esistenziale trasmesso dalla giovane coppia di protagonisti (oltre che per contraddire internamente le regole del noir anni 40). Qui invece Ray dà il meglio di sè per alcune trovate visive, così lampanti da abbracciare il simbolismo: su tutte, la "progressione cromatica" di Vienna, vestita prima di nero, poi di bianco, di rosso e infine di giallo, a segnare le varie tappe della sua tormentata esperienza. Resta ad ogni modo un western anomalo e tutto sommato riuscito per svariati motivi: il deciso romanticismo che fa da motore all'intera vicenda, la fascinazione scenografica evocata dal locale di Vienna, la fortissima componente proto-femminista, la bravura degli interpreti (tutti meno la McCambridge, davvero eccessiva, quasi macchiettistica nel suo cieco furore: ma va detto che il suo personaggio è stato delineato in maniera ridondante da Yordan), il malinconico tema musicale.
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