Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film
Il caos che regnava in Italia e nel partito comunista ai tempi del assassinio di Aldo Moro.
E' un'opera imperfetta, ma non priva di meriti. Il difetto principale è il finale, che sembra preso da un altro film che non c'entra niente e attaccato in coda a questo.
Il linguaggio di Giordana è ellittico e minimalista, ma tutto sommato riesce a ricostruire l'atmosfera di disordine e incertezza che all'epoca regnavano nella società e nella politica italiana, sinistra compresa, della quale fanno parte il protagonista e credo anche Giordana stesso. Questi non è l'unico ad aver raccontato le divisioni interne, le delusioni, gli errori fatali, e l'inconcludenza del partito comunista italiano; pensiamo, ad es., ai fratelli Taviani, con film come “San Michele aveva un gallo”. L'autocritica è secondo me sempre da apprezzare, assai più che l'autoesaltazione, a prescindere dai meriti artistici veri e propri.
Flavio Bucci, all'epoca sulla cresta dell'onda del cinema impegnato o culturale, se la cava benino nei panni di questo disoccupato senza arte ne parte, tornato dal Venezuela come un cane bastonato, che per campare tenta di vendere capi di abbigliamento che non interessano a nessuno. Non gli manca solo il senso degli affari, perché è proprio incapace di reintegrarsi in una società che aveva lasciato anni addietro, e che nel frattempo è cambiata.
Sono da apprezzare anche elementi come il complesso personaggio del commissario di polizia, o quello della bambina sballottata qua e là da una madre irresponsabile, che l'ha tra l'altro privata del padre; appena vede il primo uomo in casa cerca in lui il padre che non ha.
Nonostante le riserve, è da vedere, se non altro come ritratto d'epoca.
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