Regia di Tamara Jenkins vedi scheda film
La famiglia Savage è un affresco di vita assolutamente realistica e di elevata caratura di una famiglia media americana, che sparsa per il continente è costretta a riunirsi in seguito ad una situazione di crisi sanitaria di uno dei genitori. Peccato che sia rovinato da un inverosimile lieto fine per famiglie alla Disney
La famiglia Savage è un affresco di vita assolutamente realistica di una famiglia media americana, che sparsa per il continente è costretta a riunirsi in seguito ad una situazione di crisi sanitaria di uno dei genitori, il padre, che presenta segni di demenza, forse per il Parkinson. Il fratello e la sorella sono magnificamente interpretati da Philip Seymour Hoffman e Laura Linney, come fossero attori di teatro, intensamente immersi nel ruolo con un’identificazione totale coi loro personaggi, che riescono a farci percepire a livello epidermico. I fratelli sono persone assolutamente mediocri, con qualche aggravante per la sorella, piuttosto squallida, meschina, ipocrita, egoista e patetica, e lo si capisce fin dalle prime sequenze che rivelano la sua vita prima di dover accorrere dal padre. Decine di immagini confermano questo mio severo giudizio, Anche il senso di colpa e l’apparente sensibilità ed affetto che manifesta coi suoi frequenti piagnistei ed atteggiamenti ansiosi (ed astiosi), sembrerebbero provocati dal legame col padre e dal suo senso di responsabilità, ma sono invece frutto della sua insicurezza ed ipocrisia, in fondo si tratta di egoismo dissimulato e di cui si è poco consapevoli. Quando si vive egoisticamente e quindi matericamente, reprimendo o rimanendo indifferenti agli aspetti e le componenti spirituali della vita, ci si inaridisce, ed è appunto la penosa situazione della protagonista quarantenne, che il regista riesce a trasmettere magnificamente al pubblico in poche sequenze, intense e rivelatrici, che rendono al massimo grado il fallimento esistenziale di questa donna, ancor più del fratello, che pur avendo problemi anche lui, è però meno ipocrita, ed anche nei confronti della sorella mette a fuoco le incongruenze e falsità, spesso patetiche, meschine e fastidiose cui ricorre la donnetta per cercare di abbellire esteriormente la sua vita squallida ed inconsistente. Le responsabilità che devono assumersi nei confronti del padre in fase di demenza, a tratti imbarazzante ed aggressiva, trovargli una sistemazione ed accudirlo, li trasformerà loro malgrado, anche se solo nei minimi termini, e li indurrà ad interagire e mettere a nudo le loro vulnerabilità ed ipocrisie, i meccanismi di difesa atti a sopravvivere raccontando bugie a se stessi prima ancora che agli altri. In primis dovranno accettare il fatto che per senso di responsabilità una sorta di dovere morale familiare, dovranno occuparsi del padre, anche se egli è stato un pessimo padre quando erano fanciulli, per non dire della madre che li ha abbandonati fin da subito. In fin dei conti sono vittime di un mancato ruolo genitoriale, che forse è alla base dei loro molteplici problemi esistenziali, ma questo non li esenta dal dover agire e cercheranno di farlo sempre insieme, e questo è uno degli aspetti di trasformazione personale, che li avvicina e li fa maturare. Il film non è di quelli leggeri, non è una commedia, non lo si vede per intrattenimento e divertimento, lo si capisce fin dai primi istanti, ed allora non capisco perché l’autrice lo abbia rovinato nel finale alleggerendolo e con un lieto fine da commediola Disney per famiglie. Forse perché lei è di quelli che pensano positivo o che ritengono che occorra sempre dare un alito di speranza o che credono che la fortuna possa effettivamente girare. Ad ogni modo la sequenza di eventi finali, tutti positivi (compresi la morte del padre, diciamolo pure anche a rischio di risultare cinici, in modo che il loro fardello durasse pochi giorni, quando nella realtà dura mediamente degli anni …) che fanno riscattare soprattutto la squallida vita della donnetta, così di punto in bianco, sono assolutamente fuori luogo e rovinano il tenore e la caratura del film che poteva essere ampiamente positivo.
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