Regia di Tamara Jenkins vedi scheda film
Il Cinema Indipendente Americano vive oggi un buon momento. Ne e’ un esempio “La famiglia Savage”, scritto e diretto da Tamara Jenkins, che dopo l'ottima accoglienza ricevuta all’ultimo Festival di Torino e' da qualche giorno sugli schermi di (quasi) tutta Italia. Si tratta di un piccolo film, delicato, vero. Racconta, con i giusti toni sommessi, la storia agrodolce di due fratelli che si ritrovono a dover gestire l’improvvisa demenza senile dell’anziano (poco amato) padre. Fatto che li portera' nuovamente ad avvicinarsi, a crescere, a convivere con i sensi di colpa: e ovviamente anche a complicare ancora di piu' le loro vite gia' belle incasinate e piene di frustrazioni, sia professionali che sentimentali.
Il film e' narrato in modo sincero, autentico, senza fare troppe concessioni alla retorica, specie nella sua brillante ed intensa parte iniziale. Ed e' privo o quasi (il pianto davanti alle uova) delle furbizie tipiche tanto del cinema Hollywoodiano (vedi il recente “Non e’ mai troppo tardi”) che di un certo Cinema Indipendente, quello costruito ad arte per piacere un po' a tutti (vedi il sopravvalutato "Little Miss Sunshine).
Certamente alla buona riuscita del film contribuisce la presenza del produttore Alexander Payne, gia' regista del brillante “A proposito di Schmidt”, film tra l'altro affine a questo per tematiche trattate.
Per carita', non tutto fila per il verso giusto, perche' nella parte centrale del film non mancano alcune divagazioni e ripetizioni, alcuni momenti di stanca che lo rendono sinceramente un po' palloso. Ma dove non brilla la regia, arriva in aiuto il fine lavoro di recitazione di tutto il cast. Sotto questo punto di vista, non sorprende certo la prova di Philip Seymour Hoffman, al solito splendido nella caratterizzazione del suo personaggio, un docente di Storia del Teatro perennemente alla ricerca di un riconoscimento accademico: come anche quella di Laura Linney, sulle cui spalle si regge la gran parte del film, nella parte della fragile sorella aspirante commediografa. Ruolo che gli ha regalato una meritata nomination Oscar. Di pari livello, se non la migliore, e' poi l'interpretazione dello scorbutico e anziano padre fatta dal caratterista Philip Bosco: bravissimo. "La famiglia Savage" e' in definitiva un buon film, con alcuni passaggi veramente molto belli. Ad esempio quelli iniziali, con le immagini quasi oniriche della piccola e soleggiata cittadina dell'Arizona in cui viveva il padre: quella in cui la Linney durante l'amplesso (con il piu' che maturo amante) tiene la zampa al cane. Oppure quelli che sottolineano i crescenti sensi di colpa dei due figli, come l'amara conversazione tra loro e il padre al ristorante per decidere "cosa fare" dopo la sua morte. O ancora quello in cui i protagonisti devono riordinare una stanza sommersa di libri, caotica ma con "una sua logica" e una tazzina da the' finisce per esser spostata "giusto" nel punto dove era situata poco prima. O quella "del cuscino rosso" nella casa di riposo. E anche la scena finale, che non svelo, chiude il film in modo cinematograficamente perfetto. Voto:7,5
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ps: Per saperne di piu' (al solito) leggete la recensione del mio amico Spopola, capace di cogliere anche le citazioni piu' colte del film.
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