Regia di Peter Berg vedi scheda film
Un film prodotto da Michael Mann non è un film di Michael Mann. Anche se del più grande regista vivente The Kingdom porta alcune influenze dirette: il veloce sguardo incrociato sul privato dei protagonisti (con la musica manniana di un inedito Danny Elfman, che copia i sublimi Explosions in the Sky, utilizzati da Berg nel suo precedente Friday Night Lights); i primissimi piani sui loro occhi nel finale; l’idea del sussurro all’orecchio. Il resto però non vale un solo secondo dell’incipit di Insider, tanto per restare in tema. Ma non si può negare al quarto lungometraggio dietro la mdp di Peter Berg (che compare durante il briefing iniziale dell’Fbi) un’efficacia da blockbuster di grana grossa in grado di coinvolgere e finanche appassionare. Poi ci sono le questioni politiche, e sono spinose: perché se il film in superficie promuove un’alleanza tra culture e religioni diverse alla caccia di chi versa sangue (e non importa se bianco, nero o giallo), in verità celebra l’interventismo statunitense – e quindi egemone – come soluzione indispensabile alla stessa, ove regnerebbe altrimenti soltanto caos. Eppure la sceneggiatura di Matthew Michael Carnahan proprio sul finale suggerisce a sorpresa un’equivalenza di pensieri ardimentosi e circostanziali, da una parte e dall’altra della barricata, che finiscono per rappresentare le due facce della stessa medaglia, quella odierna del pensiero di vendetta. Ad ogni modo, alla fin fine prevale lo spettacolo.
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