Regia di John Carney vedi scheda film
Lui suona per le strade di Dublino. Vorrebbe fare il musicista ma in realtà ripara aspirapolveri insieme al padre. E sta cercando di dimenticare la donna della sua vita. Lei è un’immigrata ceca, con figlia e madre a carico (e marito assente) che guarda caso canta e suona il piano molto bene. Nel giro di poche ore si innamorano, cantano, soffrono, fanno un disco (artigianalmente, sì, ma lo fanno) insieme. Once dimostra che basta un passaggio al Sundance e una frase di Steven Spielberg (da pressbook: «è un piccolo film che mi ha dato ispirazione per il resto dell’anno») per diventare un fenomeno. Va detto che, mentre la colonna sonora è innegabilmente piacevole – così come le performance canore dei protagonisti Glen Hansard (già visto in The Commitments) e Markéta Iglová – il tutto si regge su uno scheletro fragilissimo (un po’ come nel caso dell’assordante, noiosissimo Across the Universe) e su un’idea di cinema piuttosto acerba. Il filo rosso (la musica) che tiene insieme quest’incontro più che un filo è una coperta, di lana, che copre una novantina di interminabili minuti. Di quelle che possono fare comodo d’inverno. A chi ha bisogno di un pianto catartico per una storia mai iniziata. Con qualche canzone romantica.
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