Regia di Jean Becker vedi scheda film
Il pittore è un topo di città: parigino, autoreferenziale e pieno di sé. Il giardiniere invece è un topo di campagna: generoso, ingenuo, pronto al confronto e alla meditazione speculativa. Il pittore torna per caso nelle sue terre d’infanzia, conosce la campagna senza riconoscersi, ha bisogno di qualcuno cui affidarsi e, incoscientemente, in cui rispecchiarsi. Il giardiniere è nato per questo: ha una vita banale, gode di limitata felicità, conosce i lati buoni della vita e non ne desidera altri, sopporta quello che bisogna sopportare e campa alla giornata. Entrambi sono pronti per imparare dall’altro valori, emozioni, piaceri soffusi e inaspettati. La trama di Il mio amico giardiniere, muffita commedia del francese Jean Becker, è tutta qui: nel verboso scambio di principi tra un “tipico” uomo di cultura e un “tipico” uomo di natura; nelle sobrie e lente meditazioni del giardiniere, pronto a ridare una smarrita creatività all’artista; nelle ironie di cartapesta dell’intellettuale, sempre più affascinato da una rivisitazione bolsa del mito del buon selvaggio. Daniel Auteuil, nella parte dell’annoiato protagonista, fa la felicità di chi apprezza certa intellettualità tutta francese mentre Jean-Pierre Darroussin disegna un agiografico giardiniere tutto casa e carote. La svolta melodrammatica, che si sviluppa tra uno sbadiglio e un altro, non giova alla riuscita di questo piccolo, tedioso, teorema.
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