Regia di Benedek Fliegauf vedi scheda film
Il cinema dell’Est europeo, passato e presente si è sempre distinto dal nostro per la diversa cultura e formazione. Da noi sono arrivati solo i film più noti dei grandi autori oppure pellicole che si sono affermate in qualche festival, altrimenti molte altre non sono mai state distribuite e trasmesse in TV, tranne a Fuori Orario. La “trasmissione” di cinema per eccellenza del palinsesto notturno della Rai, la quale ha permesso la visione in lingua originale con sottotitoli di tante sorprendenti e straordinarie opere provenienti dall’ex Unione Sovietica e dai suoi paesi satelliti. DEALER appartiene all’Ungheria, anch’essa con una grande tradizione cinematografica alle spalle, i registi recenti più noti sono il commestibile e “occidentale” Istvàn Szabò e Bela Tarr, un autore che merita un capitolo a parte per l’originalità e la densità del suo cinema. Si diceva di DEALER, un film del 2004 che racconta di uno spacciatore visto come un missionario o come un angelo della morte che si prende cura dei suoi clienti: disperati, soli, emarginati, avulsi dalla realtà. Uomini e donne che cercano una dose come conforto, come ultimo sollievo e come “estrema unzione” per le loro esistenze. Il protagonista assiste freddo e imperturbabile, premuroso e distaccato alle loro tragedie e agli effetti devastanti delle droghe vendute, e anche il suo destino sembra già scritto e ineluttabile. Con la sua bicicletta percorre una Budapest periferica, livida e inospitale, ciò che impressiona e rimane stampato in testa è lo stile e la tecnica utilizzata dai registi russi e ungheresi come in questo caso. Essi non sono mai stati amanti dei ritmi frenetici e forsennati di certo cinema americano ed europeo, tutt’altro, coerenti e ligi invece a una lentezza estenuante e reale molto vicina alla vita vera. Tempi lunghi e dilatati quelli ungheresi, fortemente debitori dei famosi piani-sequenza del citato Bela Tarr, qui un po’ più dinamici ma sempre presenti con leggeri movimenti e stacchi, montato in modo impercettibile e con un uso altrettanto moderato e significativo (mai fine a se stesso) di campi lunghi, carrellate e primi piani. In Italia solo Garrone e Sorrentino hanno una tale padronanza e grazia nell’unire e nell’amalgamare stile e contesto narrativo (pur facendo un cinema diverso). DEALER, inoltre, è innervato da un groviglio sonoro incessante e cupo che rafforza ulteriormente immagini e situazioni, singolare colonna sonora ispirata (chissà) a SOLARIS e STALKER di Tarkovskij e che ricorda quella de IL SEME DELL’UOMO di Ferreri. Un altro mondo cinematografico è possibile ed esiste.
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