Regia di Pasquale Scimeca vedi scheda film
Da una novella di Verga, Scimeca traspone un’opera senza tempo: mentre il più recente Malavoglia riporta ai giorni attuali il dramma universale dell’uomo che affronta senza successo le innumerevoli difficoltà e le mille insidie di una vita di lavoro e privazioni che la Provvidenza distribuisce senza discernimento sulla classe più tartassata, Rosso Malpelo è un’opera più incentrata sulla fatica fisica, sulla prevaricazione della classe sociale superiore su quella che sta sotto, sullo sfruttamento della forza lavoro e della manodopera minorile, temi attuali ieri come oggi a livello mondiale. Siamo dalle parti del bell’esordio di Aurelio Grimaldi con l’Aclà di Floristella quasi un ventennio fa.
“Malupilu” è un ragazzo di carnagione chiara e capello rosso (l’interprete, Antonio Corciu è lo stesso efficace credibile ragazzo che un paio d’anni più tardi interpreterà con pari realismo il giovane ‘Ntoni nel gia’ citato “Malavoglia”), da cui tutti in paese per ignoranza e superstizione (familiari compresi tranne il padre) prendono le distanze per timore che porti sciagure o iella.
Il genitore invece, amorevole ma povero, lo porta con se’ nel duro lavoro in miniera perché non può fare diversamente: gli vuole pure bene anche se non può far altro che offrirgli una vita di lavoro e sacrificio decisamente inconcepibile per un giovane poco più che bambino ed in generale per ogni essere umano a cui si voglia preservare la dignità.
La condizione della casta sociale più umile è una tra le costanti tematiche dell’opera del Verga e Scimeca affronta la triste vicenda senza alcuna forzatura melodrammatica, ma anzi puntando su un personaggio di ragazzo che soffre ma resiste e non si lamenta: piuttosto sceglie con orgoglio e quasi come via liberatoria e risolutiva la via del sacrificio, sullo sfondo di una Sicilia selvaggia e aspra, dalla bellezza primitiva e seducente. Gli attori recitano spesso in modo dilettantesco ma efficace, in una parlata dialettale così marcata da risultare molto spesso incomprensibile: ne esce una rappresentazione efficacissima di una asprezza esistenziale quasi primitiva che sfocia in una lotta senza fine per la sopravvivenza, contro una classe dirigente senza vergogna che ti offre pane e cioccolata per usarti e gettarti via poco dopo, o un fiasco di vino come ricompensa per tracciare una nuova pericolosa via nella miniera dalla quale non farai piu’ ritorno.
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