Regia di Stefan Ruzowitzky vedi scheda film
Nel campo di concentramento di Sachsenhausen, nel 1944, alcuni specialisti ebrei vengono selezionati per falsificare sterline inglesi e dollari americani, allo scopo di sabotare le economie dei paesi nemici della Germania. Nasce però un dissenso tra un falsario di professione, a cui interessa solo salvare la pelle a tutti i costi, e un tipografo comunista, che ha perso moglie e figli ad Auschwitz e che vorrebbe boicottare il piano. In sostanza, il film tratta quella che Primo Levi ha definito “zona grigia”, ossia i prigionieri dei lager che praticarono una qualche forma di collaborazione con i loro aguzzini per sopravvivere. Tuttavia qui si tratta di una categoria molto particolare, che godeva di un trattamento decisamente privilegiato e soprattutto non era a contatto con il vero orrore (sintomatica la scena in cui cade il muro di separazione e i falsari vedono per la prima volta gli altri deportati, dei quali fino ad allora sentivano solo le voci): per intenderci, non si tratta di Kapò. Per questo motivo il film finisce per avere il difetto più comune fra le opere che si misurano con un tema di per sé irraccontabile come la Shoah: è troppo edulcorato.
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