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Il falsario - Operazione Bernhard

Regia di Stefan Ruzowitzky vedi scheda film

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La recensione su Il falsario - Operazione Bernhard

di Peppe Comune
7 stelle

L'operazione Bernhard consistette nella falsificazione di sterline inglesi e dollari americani allo scopo, da un lato, di rimpinguare le casse e finanziare la guerra della Germania nazista e, dall'altro lato, di mettere in difficoltà le economie dei paesi rivali. Chi meglio degli ebrei poteva servire a questo scopo soprattutto se si considerava che tra le sue fila c'era nientemeno che Solomon Sorowitsch (Karl Markovics), ovvero il più grande falsario del mondo ? E' proprio il caso di dire che "unirono l'utile e il dilettevole". Così nel campo di Mauthausen, c'era una zona in cui si produceva denaro falso e dove i falsari ebrei venivano trattati con tutti i riguardi.

 

 

Da una storia vera, Stefan Ruzowitzky ricava una variazione sul tema della rappresentazione dei campi di concentramento. Più che lo scontro tra vittime e carnefici, il film si esaurisce tutto in uno scontro etico tra gli ebrei deportati : tra chi subisce tutta l'atrocità di un lager e chi, nonostante tutto, ha un pasto caldo e un comodo letto  in cui dormire; tra chi non vuole aiutare a rendere possibile coi suoi servigi la vittoria in guerra delle armate di Hitler e chi spera di sopravvivere speculando proprio sull'indispensabilità contingente del suo talento. La forza del film sta tutta in una domanda il cui valore esistenziale ci viene restituito con un ottima resa filmica: qual'è il limite oltre il quale l'azione di un uomo non può essere giustificata neanche dal suo istintivo bisogno di sopravvivere ? La domanda è di qelle che logorano un uomo dall'interno, di quelle che, se anche uno ha scelto per la propria sopravvivenza, si insinua fino al più profondo della coscienza e rischia di non lasciarlo mai, di ritornare spesso col suo corollario di morte e fantasmi . Nel film la sua portata simbolica è rappresentata da uno degli aspetti più atroci generati dal nazismo, quello di degradare l'uomo a un livello tale da fargli perdere il senso razionale delle sue scelte, di annullarlo al punto da non permettergli più di riconoscere un suo simile, di bramare la sua sopravvivenza sopra ogni cosa, di essere anche disposto a scendere a patti con il diavolo pur di ottenerla. Perchè il limite tra amico e nemico si assottiglia sempre più quando in gioco c'è la propria vita e la riconoscibilità di una così evidente differenza non vale il prezzo di una salvezza da raggiungere. Nella bellissima scena finale, quella in cui i nazisti sono fuggiti e nel campo rimangono solo gli internati, si vengono a trovare gli uni davanti agli altri gli  ebrei malmessi e scheletrici e i falsari coi loro pigiama puliti e bene in carne. E' l'incontro-scontro tra chi sopravvivendo è ormai libero del tutto dai suoi carnefici e chi, probabilmente, non si libererà mai del rimorso di aver attribuito un valore positivo solo alla propria esistenza.

 

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