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Factory Girl

Regia di George Hickenlooper vedi scheda film

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La recensione su Factory Girl

di FilmTv Rivista
6 stelle

Difficilissimo portare sullo schermo un mito della cultura pop come Edie Sedgwick, volatile e fulminante (divenne un’icona a metà degli anni 60 e morì, a 28 anni, nel 1971), misteriosa come i fotogrammi dei film che interpretò per Andy Warhol e mutevole come il look che imponeva alle ragazze di mezzo mondo: capelli corti e sparati decolorati, orecchini voluminosi che le ciondolavano sulle spalle, miniabiti luccicanti o neri e occhi bistrati con i quali il pop anticipò il punk. La musica è piena di riferimenti espliciti o impliciti a lei, da femme fatale dei Velvet Underground a, pare, Just Like a Woman di Bob Dylan. Il cinema ci ha provato spesso a raccontare la sua vita, ma invano, fino a Factory Girl (così la chiamavano) di George Hickenlooper, che all’uscita americana ha scatenato l’ira di Lou Reed (che era suo amico) e degli avvocati di Dylan (che smentiscono l’aborto di un figlio del cantautore, adombrato nel film). Romanzata o meno, la storia privata di Edie, gli ambienti che frequentava, il suo fascino e la sua tristezza “da copertina” sono puro materiale cinematografico. E Sienna Miller entra nel personaggio con le giuste sfumature svagate e drammatiche, conferendo a Edie quella incorporea leggerezza che probabilmente conquistò Warhol e che la faceva assomigliare a lui. Ma una certa grevità della sceneggiatura (che tende a non risparmiare nessun particolare sordido di una vita da ereditiera infelice prima e da “star di Chelsea” dopo) non viene alleggerita dalla regia di Hickenlooper, anch’essa poco sfumata. La persona presunta divora l’icona reale, ma il film non è abbastanza profondo per essere umano.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 48 del 2007

Autore: Emanuela Martini

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