Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Robert Zemeckis, dopo l’infelice Polar Express, torna dietro la macchina da presa per confezionare un altro film digitalmente (vi si utilizza la performance capture, una tecnica che cattura le espressioni degli attori e le riporta su personaggi virtuali), tanto straordinario tecnologicamente quanto debole a livello narrativo.
La leggenda di Beowulf prende spunto dalle note gesta dell’eroe Beowulf (Ray Winstone) che, secondo la leggenda, avrebbe ucciso Grendel, un demone, e sua madre (Angelina Jolie), salvando così un popolo di vichinghi e il suo re (Anthony Hopkins) in preda al terrore. La prima parte del film sembra seguire letteralmente questa traccia, aggiungendo qualche sottotrama per rendere la storia più interessante al pubblico (la moglie del re che si innamora di Beowulf, le gesta precedenti dell’eroe) e, in generale, più adatta ai gusti cinematografici di oggi. Dopo però che Grendel è stato ucciso, gli sceneggiatori Neil Gaiman e Roger Avary hanno avuto l’idea, che si vorrebbe geniale, di creare un legame fra la madre di Grendel e il vecchio re: il demone infatti non è altro che loro figlio. Anche Beowulf cede però alla tentazione maligna: in cambio del trono e di ricchezze infinite, oltre che promesse di vigore eterno, lui dovrà dare un nuovo figlio alla strega. Passano gli anni e Beowulf è ancora vivo, forte come un tempo, e ormai la sua è una leggenda famosa fra tutti, ma il destino ha ancora dei conti da regolare con lui. La fine è tutt’altro che chiusa, anzi, suggerisce l’immancabile sequel.
Se lo spettacolo alla fine de La leggenda di Beowulf ne esce intatto, è la trama, come abbiamo detto, a subire i danni maggiori: le diverse sottostorie non appassionano come dovrebbero e molti personaggi, a partire da Beowulf ma anche il consigliere del re (John Malkovich), appaiono già visti, come già viste sono le loro psicologie e i rapporti che li legano. La prima mezz’ora regge benino (grazie anche all’atmosfera scura e bagnata), ma dopo l’entrata in scena della Jolie lo spettatore si rende conto di essere davanti a un pretesto per realizzare un’opera di bella confezione, tecnologicamente avanzata, che possa intrattenere il pubblico per quasi due ore.
Non che La leggenda di Beowulf sia un film da buttare: Robert Zemeckis, regista specializzato in cartoon (Chi ha incastrato Roger Rabbit, ma anche Forrest Gump ne possedeva lo spirito), confeziona scene di alto impatto spettacolare (il primo attacco di Grendel, lo scontro fra questi e Beowulf, la scena finale con il drago), che confermano molta della fiducia che in lui viene riposta da pubblico e critica. Ma, conviene ricordarlo una volta di più, una sceneggiatura non adeguata (unico pregio la durata, sotto le due ore) e personaggi di cartapesta ne guastano il risultato. E una domanda si insinua nello spettatore: perché usare una tecnica tanto speciale (e anche costosa) quando molte cose si erano viste (e forse meglio) nella trilogia de Il signore degli anelli?
VOTO: 5+
Penalizzato da una sceneggiatura non all'altezza, riesce comunque a lasciare la sua impronta in alcune sequenze di alto impatto spettacolare.
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