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Il nascondiglio

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il nascondiglio

di hallorann
4 stelle

Pupi Avati e l’America. Nel ’91 la biografia del trombettista BIX Beiderbecke, nel ’92 FRATELLI E SORELLE e due anni dopo L’AMICO D’INFANZIA. Nel 2007 per il ritorno all’horror ecco una nuova incursione in terra americana, per l’esattezza nello stato dell’Iowa. IL NASCONDIGLIO – THE HIDEOUT come ne LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO e L’ARCANO INCANTATORE ha una dimora come sfondo alla vicenda. Nell’inverno del ’57 in una casa di riposo gestita da suore si consumò una strage. Cinquant’anni dopo un’italiana vedova reduce da un periodo di depressione e di degenza in una struttura psichiatrica si trasferisce nella casa teatro della tragedia intenzionata ad aprirvi un ristorante. Durante le notti viene svegliata da voci provenienti dal piano superiore, dapprima pensa di essere ancora perseguitata dagli incubi del matrimonio fallito (il marito si suicidò) e quindi di non essere completamente guarita. In seguito l’incontro con strani personaggi, circostanze e minacce, le indagini quasi in solitaria la porteranno a scoprire l’orrenda verità nascosta nella casa pagandone le conseguenze. Avati – per buona parte del film - gira un thriller piatto nel ritmo e televisivo nella confezione, confermando la stessa cifra espressa nei precedenti e deludenti film di ambientazione statunitense. Si riscatta nella fase conclusiva e comunque viene da pensare che cosa ne avrebbero potuto fare un Bava (anche Lamberto) o un Argento nella migliore forma. Sì perché la trama è ispirata e coinvolgente, anche se l’espediente delle voci e le due ragazze scomparse ricordano quelle de L’ARCANO INCANTATORE (autocitazione o involontaria ripetizione?). Un passo indietro rispetto ai tesori dell’horror made in Avati già citati più ZEDER, il regista conserva ancora una volta il suo ibridismo tra narratore di genere e vocazione autoriale. Solo che stavolta avrebbe dovuto privilegiare la prima anima piuttosto che la seconda o forse l’aria americana non giova al suo cinema. Il cast disomogeneo ne è una dimostrazione, dalla Morante al caratterista di lungo corso Venantino Venantini, dall’austera Angela Goodwin all’incartapecorita Sydney Rome, dal sanguigno Burt Young alla sofisticata Rita Tushingham (qui davvero inquietante e brava). Un’opera troppo corretta e leziosa, al regista bolognese non vengono incontro neanche i fedeli Rachini e Bastelli alla fotografia, Salfa al montaggio e Ortolani alle musiche. Convincente e credibile invece la protagonista Laura Morante.

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