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Gone Baby Gone

Regia di Ben Affleck vedi scheda film

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La recensione su Gone Baby Gone

di Gangs 87
6 stelle

Boston, quartiere di Dorchester, una bambina di quattro anni sparisce, si crede rapita. Figlia di una tossicodipendente, senza padre, la piccola è molto amata dagli zii che decidono di ingaggiare due investigatori privati da affiancare alla polizia. Patrick Kenzie e Angela Gennaro si addentreranno nei luoghi più oscuri della città e dell’animo umano per riuscire a risolvere l’angusto caso.

 

L’esordio alla regia di Ben Affleck è una pellicola che si contraddice in contenuto e qualità. Tratta dal romanzo La casa buia di Dennis Lehane il film inizia con le migliori intenzioni per poi perdersi nei meandri di personaggi e situazioni che coinvolgono solo in parte divenendo lentamente soporifere; anche a causa dei pastosi dialoghi che si susseguono per tutta la sua durata.

 

Affleck è molto bravo a far trasparire il lato più oscuro delle periferie, con le enormi problematiche che si portano dietro, ma contrappone ad esso il comportamento rassegnato e fatalista dei protagonisti che si lasciano trasportare dagli eventi senza effettivamente prendere mai davvero parte.

 

Questo ostruzionismo partecipatorio, unito alla recitazione di alcuni che lascia alquanto a desiderare, su tutti Casey Affleck, (da molti osannato il cui talento io, ad oggi, ancora non riesco a trovare) che insieme all’interprete della socia/compagna, una svogliata Michelle Monaghan, sviliscono la trama che si perde negli intrecci di una narrazione imperfetta.

 

Ho letto il libro diverso tempo fa e non ricordo sinceramente se il difetto di cui sopra fosse presente anche nello scritto (il fatto che non mi ricordi la trama e il suo svolgimento comunque è sinonimo che anche il libro evidentemente non è stato, appunto, indimenticabile) ma è indubbio che l’interpretazione poco convincente di due dei protagonisti principali finisce per condizionare il giudizio finale sulla visione. Se la rapportiamo poi a quella di Morgan Freeman ed Ed Harris che giganteggiano nei rispettivi ruoli del Capitano Jack Doyle e dell’agente Remy Bressant allora la pellicola perde totalmente di credibilità.

 

Ed è un peccato considerando invece che, almeno a tratti, la pellicola funziona bene. Ha dalla sua una buona fotografia che esalta il fascino oscuro che da sempre Boston si porta dietro, con questo suo modo poco turistico di condurci nelle periferie, scoperchiando i problemi che stagnano nei bassifondi, troppi per essere raccontati a dovere, troppo poco lo spazio che gli viene dato nel racconto, con accenni qui e là e situazioni da intuire per riuscire anche solo a farsi un’idea, reale.

 

Laddove tutto viene solo accennato e mai veramente raccontato, la pellicola di Ben Affleck è un tentativo di thriller che non riesce ad agganciare lo spettatore mai davvero fino in fondo.

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