Regia di Jean-Paul Salomé vedi scheda film
Incursione gallica - Parte prima
Francia e produzioni di lusso non è che siano mai andate troppo d'accordo. Tolto Besson ed alcune altre rare eccezioni, il blockbuster d'intrattenimento non è mai stato il pezzo forte del cinema transalpino, molto più attivo ed efficace sul versante autoriale o su generi decisamente più autoctoni come il noir od il polar. Qualche sera fa mi è capitato d'imbattermi in questo "Arsenio Lupin", ultimo adattamento cinematografico in ordine cronologico delle gesta del ladro gentiluomo nato dalla penna di Maurice Leblanc. Un potenziale narrativo non indifferente quindi, supportato a maggior ragione da un buon budget e da un cast internazionale d'indubbio fascino, eppure il film non ebbe riscontri significativi se non una tiepida accoglienza in patria ottenendo invece per la distribuzione estera un passaggio diretto al mercato home video come accaduto in Italia. Non che a visione ultimata ci si rammarichi del fatto; la pellicola diretta dal mai entusiasmante Jean-Paul Salomé, nonostante una confezione di tutto rispetto sorretta in primis da scenografie, costumi e fotografia, risulta paradossalmente ben poco affascinante. Il colmo, se si pensa al personaggio portato sullo schermo. In "Arsenio Lupin" la voglia di kolossal all'americana si mangia tutta l'ambiguità e le sfaccettature della fonte d'ispirazione letteraria riducendo la vicenda ad una sorta di action movie dai contorni esoterici e dalle schermaglie soapoperistiche. Prolisso ed inconcludente, perde colpi in crescendo girando a vuoto e dilungandosi troppo su una faida familiare che non rende giustizia all'astuto ed irresistibile ladro/truffatore entrato nel mito anche grazie alle splendide anime giapponesi che hanno intrattenuto generazioni di ragazzini tra i quali il sottoscritto. E meno male che almeno Romain Duris si dimostra all'altezza del personaggio, la sua prova è una delle poche cose che funzionano: spavaldo quanto basta, camaleontico e marpione, ci fa altresì rimpiangere un adattamento in cui potesse interagire con nemesi degne di questo nome nonché contendersi le grazie di femmine meno rimbecillite (Eva Green) o sovrannaturali (Kristin Scott Thomas). In definitiva, è il senso della misura a mancare al film di Salomé: nelle caratterizzazioni dei personaggi, nei cambi di registro ed in quella serie infinita di finali che francamente non hanno né capo, né coda.
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