Regia di Gregory Hoblit vedi scheda film
Gregory Hoblit avrebbe le carte giuste per proseguire la tradizione tutta statunitense (e in inevitabile prosciugamento) dei vari Yates, Kaplan, Hyams e compagnia bella, ovvero di quei mestieranti hollywoodiani (più o meno autoriali, ma questo è un romanticismo critico) che faceva piacere ritrovare, perché robusti e spesso severi, alimentari nel senso buono. Ora che i prodotti "medi" non ci sono più (e forse non possono esserci più), anche i loro registi si sciolgono come neve al sole. Dopo i notevoli Il tocco del male e Frequency (e il pessimo Sotto corte marziale), Hoblit torna sulle orme degli esordi, ma Schegge di paura era di gran lunga più interessante. Di
courtroom drama non se ne può più, esattamente come di Anthony Hopkins: che qui rifà ancora una volta il suo Hannibal Lecter, sotto mentite spoglie, assassino abile e subdolo e paziente. Il procuratore Ryan Gosling (bravo ma troppo facile nella sua arroganza yuppie), novello Clarice Starling, ne fa le spese ma saprà tenergli testa, anche se non ha affatto lo spessore tragico degli eroi lumetiani. Tutto inutile, tutto trascurabile, anche se non inguardabile. Postilla per la distribuzione italiana, che cambia il nome del personaggio di Hopkins da Theodore a Thomas, così da poter utilizzare nel titolo un'omofonia assurda col noto film di Jewison del '68 con Steve McQueen e Faye Dunaway. Complimenti vivissimi.
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