Regia di Paul Greengrass vedi scheda film
Avrebbe potuto intitolarsi Bourne begins questo terzo episodio che ha come protagonista la superspia creata dalla fantasia di Robert Ludlum. Già, perché Jason Bourne - interpretato da un Matt Damon che è la star più redditizia di Hollywood - dopo che nei precedenti episodi della saga gli hanno fatto fuori la fidanzata (The Bourne identity) e dato la caccia in capo al mondo (The Bourne supremacy), decide di scovare i capi della CIA che lo hanno sottoposto a un "programma" di lavaggio del cervello che gli ha fatto perdere la memoria e l'identità. Muovendosi tra Torino, Londra, Parigi, Madrid, Tangeri e New York, Bourne scopre l'esistenza di una Intelligence deviata (impersonata con ghigno cinico del vicedirettore a cui David Strathairn dona la giusta dose di cattiveria) che non va tanto per il sottile e che - in tema di giustizia - al pachidermismo della burocrazia preferisce il linguaggio diretto delle armi, una trovata narrativa che ricorda molto quella di Condannato a morte per mancanza di indizi, diretto da Peter Hyams.
Paul Greengrass, che bissa la regia dell'episodio precedente, gira un film di genere con mano da autore: ritmo adrenalinico, montaggio frenetico, macchina da presa quasi sempre in spalla, dialoghi al minimo sindacale. Lontanissimo dallo stile di un maestro come Don Siegel, Greengrass gioca al meglio l'asso del protagonista. Bourne-Damon ha trovate più geniali di un premio Nobel, guida la motocicletta meglio di Valentino Rossi, pratica le arti marziali come Bruce Lee, porta la macchina in un modo che suciterrebbe l'invidia di Schumaker e fa sembrare James Bond un mezzo dilettante. Quanto basta per assicurare divertimento, morti ammazzati a volontà, inseguimenti con ogni mezzo, il tutto enfatizzato dalla musica percussiva di John Powell.
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