Regia di Mikael Håfström vedi scheda film
Tratto da Stephen King, 1408 è un thriller piuttosto deludente, accettabile (e nulla più) solo per la prima mezzora, ossia fino a quando lo scrittore John Cusack riesce ad entrare nella famigerata stanza 1408 (teatro di innumerevoli suicidi e morti misteriose) dopo aver superato gli insistiti tentativi di dissuasione da parte del direttore del Dolphin Hotel, Samuel L. Jackson. Da quando il protagonista varca quella soglia al centro dell'attenzione restano solamente lui e la "stanza degli orrori", una sorta di entità negativa che agisce sull'inconscio inducendo nel malcapitato pesanti allucinazioni legate alla sua vita passata e alle sue paure. Ma, paradossalmente, da quel momento il film, anziché crescere, inizia un declino inarrestabile. Ad un'operazione di questo tipo non si chiede certo l'attendibilità, ma la coerenza narrativa non può mai mancare, e qui proprio non ve n'è traccia: lo scontro tra Cusack e la stanza sconfina prevedibilmente nel paranormale, ma senza che il regista si preoccupi di darsi dei limiti (il)logici entro cui sviluppare la storia. Il suo unico interesse pare, invece, quello di distribuire colpi di scena ad ogni inquadratura, infischiandosene allegramente della congruenza e finendo per annullare di conseguenza l'effetto sorpresa così come la suspence, rendendo del tutto inutili gli sforzi, quelli sì riusciti, di mantenere alto il ritmo sino alla fine. Lo spettatore si trova quindi sballottato in un'escalation di eventi sempre più eccessivi (compreso il continuo e grottesco cambio di ambientazioni durante l'ultima mezzora), talmente insensati casuali e inspiegabili da maturare presto la consapevolezza di potersi aspettare dal film tutto e il suo contrario, ma assolutamente nulla di utile, ossia nessun indizio che aiuti a dargli un minimo di senso logico. Da dimenticare anche il finale, mediocre anch'esso. Bravo comunque Cusack.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta