Regia di Oliver Stone vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=MuEhoHYnoBc
JFK - forse il più amato Presidente della storia americana contemporanea - è già passato alla storia (ben prima che ricorresse il 50°anniversario dell’assassinio). Come paladino dei diritti civili e come difensore di minoranze e fasce deboli della popolazione. Come colui che ha posto un freno allo strapotere delle lobbies della guerra e colui che avrebbe voluto invertire le strategie militari in Vietnam. Come colui che, riaprendo i negoziati con l’URSS di Krusciov, ha inaugurato una nuova stagione di politiche di distensione e prosperità mondiale.
JFK, un eroe contemporaneo, dunque.
Una fulgida icona della buona politica, in vita;
un martire civile, dopo la morte.
Questa è la tesi scolpita nelle marmoree fondamenta della giovane democrazia americana; e questa è la tesi oggetto dell’ “operazione verità” messa in atto da O.Stone: il regista di film del calibro di Salvador, Platoon, Wall Street e Nato il 4 luglio (prima del film preso in esame) ha voluto fornire il suo pregevole contributo a suffragio di tale tesi e lo ha fatto, come sempre, a modo suo, tramite un ragionamento a contrario: attraverso, cioè (dopo una veloce sequenza iniziale di sintesi di quanto si accingeva a dimostrare), la rappresentazione delle perverse macchinazioni tramate, ai danni dell’amato Presidente, dai suoi più infidi, impalpabili nemici (in quanto serpeggianti proprio fra le “mura domestiche”), cui troppo insopportabile appariva l’ostinata etica presidenziale.
Ebbene, da questo punto di vista, il film di Stone è totalmente inappuntabile, anzi, di più: è superbo. Filmati di repertorio, scene create ad hoc e frammenti delle riprese di Zapruder - finzione e realtà (mai così labile è stato il discrimine) - vengono sublimamente tessuti ad arte fra loro da un’enigmatica (rivelatrice forse?) fotografia (spesso) in bianco e nero, dall’altisonante colonna sonora di J.Williams (la più degna orazione funebre possibile per commemorare un tale mito evergreen della storia contemporanea), da una regia e da un montaggio attentissimi a non trascurare sequenza alcuna, così da riuscire, unitamente agli ulteriori elementi della narrazione cinematografica, ad elevare un mero prodotto dell’industria cinematografica a tassello fondamentale non solo del solo mosaico della cinematografia impegnata, ma, addirittura, di quello storiografico.
Stone ammanta, di ansiolitica razionalità, sensazioni e paure di un’America lacerata nel profondo; dà la prova della tesi di partenza e, nel far ciò, supera sè stesso.
Orbene, tutto ineccepibile, tutto perfetto... senonchè mi preme ricordare che pur sempre di finzione cinematografica si tratta, tanto (ne sono sicuro) nell’enunciazione della tesi, quanto (ma la sicurezza vacilla) in quella degli argomenti a di essa sostegno. Ora, in effetti, relativamente a quest’ultimo aspetto, non dispongo di sufficienti conoscenze per mettere in discussione quanto proposto da Stone/Garrison (il soggetto è di quest’ultimo), anzi; rimango sempre molto incuriosito dal fascino delle teorie complottiste e/o dietrologiche di tal che non sarò certo io ad arrischiare una loro confutazione (Stone, per vero, è stato abilissimo nell’insinuare quanto meno il tarlo del dubbio in ordine alla reale cronologia degli eventi di Dallas). Piuttosto attendo in trepidante attesa il momento della desecretazione dei files (per ora top secret) sull’assassinio di JFK (forse già nel 2017, fra soli 4 anni!!!).
Ho, invece, più di un appunto da muovere - per quanto mi renda conto di procedere su un terreno molto insidioso (attesa l’aurea di santità che avvolge taluni miti - se non veri e propri martiri - dell’immaginario collettivo americano e non solo) - sull’esattezza della tesi enunciata in partenza (e quindi sull’onestà intellettuale dell’operazione svolta da Stone). Ma non, sia chiaro, per via dei vezzi un poco libertini del Presidente (penso alla sua chiacchierata relazione con Malrilyn Monroe, ma, nondimeno, a qualche sua scappatella con una sospetta spia nazista durante la II guerra mondiale di cui pare fosse a conoscenza il buon vecchio J.E.Hoover - capo dell’FBI -, nonchè il A.Dulles, capo della CIA; il che è come dire, per usare un francesismo, che lo tenevano per le palle!) e, quindi, per le contraddizioni della sua sfera privata (quasi inevitabili in ogni buona famiglia presidenziale democratica che si rispetti e comunque non oggetto di discussione del film).
Bensì, piuttosto, in considerazione delle contraddizioni della sua vita pubblica.
Penso al fatto che, durante il suo breve mandato, i tentativi di assassinare Castro siano proseguiti come (e più di) prima.
Penso al fatto che le operazioni clandestine della CIA autorizzate da JFK siano state numericamente quasi pari, in meno di 4 anni, a quelle lanciate da D.Eisenhower nel doppio del tempo (circa 170, prevalentemente in Indocina, Medio Oriente e America Latina).
Penso al fatto che JFK usò la CIA per spiare cittadini americani molto prima della creazione, da parte di Nixon, della sua squadra di “idraulici” (e del relativo famosissimo scandalo).
Ora, chiaramente non è questa la sede per tentare la confutazione di un enunciato che diventa sempre più inossidabile man mano che passa il tempo - fino ad essere percepito da chiunque quasi come un dogma di fede (il che vale a ridimensionare le critiche sollevabili nei confronti di Stone, d’altronde da sempre incline verso un sano cinema, quanto meno, “Democrat”) -, ma certo credo, ugualmente, che non si possa prescindere da un approccio critico, demistificato, strettamente aderente ai fatti (per quanto molto poco noti e un poco scomodi), prima di giudicare (e apprezzare) un prodotto come questo che, benché indirettamente, ha il precipuo scopo di rafforzare una tale convinzione parziale di partenza e, quindi, ha, viceversa, l’effetto di un allontanare (ci si augura il meno possibile), dall’umana portata, un bene certamente assai più prezioso (della comoda illusione): la verità nuda e cruda, costi quel che costi.
JFK, dunque, è davvero un ottimo “film”; ovvero, in quanto tale, non un punto d’arrivo, bensì solo (ma non è certo poco) un punto di partenza. Verso nuovi e (si spera) più genuini orizzonti di conoscenza.
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