Regia di Matthew Vaughn vedi scheda film
Stardust è un film di genere fantasy, dunque puro intrattenimento, secondo me, ingiustamente sottovalutato e un tantino incompreso dalla critica, che meriterebbe qualche considerazione in più.
La storia meno banale di quanto possa apparire è una fiaba delle più classiche; non brillerà per originalità, non è il trionfo degli effetti speciali ridotti all’essenziale di ciò che è funzionale alla narrazione, e non è ai livelli di mega/produzioni e opere complesse come Il signore degli anelli e simili, ma dalla sua, possiede diversi spunti ironici e autoironici che difficilmente mi è capitato di trovare in altri film dello stesso genere.
Ispirato a un romanzo/soggetto di Neil Giman, la regia di Matthew Vaughn e la sceneggiatura sono valide e valorizzano scene di ampio respiro che si aprono su un paio di scenari mozzafiato, e dettagli interessanti.
Non lo trovo neppure così discontinuo come è stato detto.
Intanto vanta due interpreti di tutto rispetto che sono la bellissima e sempre talentuosa Michelle Pfeiffer, (attrice magnifica che io adoro in sommo grado) e l’istrionico Robert De Niro, altro mostro sacro che non ha bisogno di presentazioni, e al fianco di questi nomi ci sono degli ottimi protagonisti e comprimari come Claire Danes, Charlie Cox, Sienna Miller e camei come quello di Peter O’ Toole, e Rupert Everert.
Il paese inglese di Wall è separato dal regno incantato di Stormhold da un muro che nessuno può valicare, ma il giovane Tristan, ragazzo dai natali misteriosi che si sveleranno alla fine, per amore della viziata egoista Vittoria, (Sienna Miller) lo attraversa per andare a recuperare una stella caduta da portare in dono all’amata.
La stella caduta, in realtà è una bellissima ragazza, Yvaine (Claire Danes), e sulle sue tracce, oltre al malvagio principe ereditario Septimus, (settimo di sette fratelli che si sono uccisi fra loro per il trono) si mette anche la perfida e orrenda strega Lamia – impersonata da una Pfeiffer invecchiata e imbruttita che per recuperare giovinezza e bellezza eterne deve strappare e divorare il cuore della stella.
Lamia per catturare la ragazza sfodera il suo apparato di trucchi e incantesimi, e nel vano tentativo di preservare la sua bellezza effimera usa la magia nera, ma come le dicono le sorelle streghe ancora più orrende di lei, la magia ha un prezzo: come si fa a non cogliere la sottile ironia e un genuino sberleffo alla chirurgia plastica, per una bellezza che sfiorisce rapidamente sotto i colpi di un bisturi magico, tra seni cascanti che perdono tono all’improvviso, macchie e rughe della pelle che guastano mani e volto, e capelli dorati che diventano una parrucca stopposa che lascia quasi calva la bellissima Michelle?
La stella Yvaine, brilla di luce propria, letteralmente s’illumina, quando il suo cuore, dopo iniziali incomprensioni, si scopre innamorato di Tristan, il ragazzo che la protegge e l’accompagna nella sua fuga tra cielo e terra, perché la vera bellezza, quella più genuina ed eterna è quella dell’anima, e la sua dichiarazione d’amore al giovane trasformato in un topolino da una fattucchiera, è commovente, vera e profonda; l’amore non chiede niente, né prove, né regali, o dimostrazioni, vuole solo il bene dell’altro senza condizioni.
Tristan e Yvaine in fuga da malvagi principi, ironici fantasmi e streghe, incontrano il capitano pirata Robert De Niro che dietro l’apparente scorza dura e coriacea nasconde un cuore e un nome da poeta, Shakespeare, cacciatore di fulmini nelle tempeste che solca i cieli col suo veliero.
Il personaggio di De Niro è davvero la figura più ironica, dissacrante di tutto il film perché prende in giro il concetto di maschio per eccellenza, ridicolizzando con smorfie, travestimenti e atteggiamenti mai sopra le righe il super uomo, il macho insensibile e duro, in maniera teatrale che non ti aspetti, mentre tenta di nascondere quello che tutti sanno e accettano. E lo fa in maniera strepitosa, facendo crollare le apparenze che tutti ci affanniamo a mantenere per difendere fasulle reputazioni.
La battaglia finale tra tutti i protagonisti si svolge nell’antro delle streghe, una corte che nelle scenografie è ispirata alla Sala degli Specchi della reggia Di Versailles, ma se quella delle regine di Francia era dorata e luminosa, quella della tenebrosa regina Lamia e le sue sorelle, è cupa e tetra.
Tra rivelazioni e colpi di scena, l’esito sarà scontato, ma in una fiaba per eccellenza che vede su fronti opposti Bene e Male, possiamo solo aspettarci il trionfo della luce e dell’amore sulle tenebre.
Una sufficienza abbondante e meritata per un film che non sarà un capolavoro del genere, - ammettiamolo pure - ma mi è piaciuto oltre misura. Bello.
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