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Leoni per agnelli

Regia di Robert Redford vedi scheda film

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La recensione su Leoni per agnelli

di FilmTv Rivista
6 stelle

L’impasse, e lo sappiamo. Ma anche lo stimolo, e questo È meno previsto e scontato. Leoni per agnelli respira l’aria sociale e culturale stantia in cui siamo costretti a campare da un bel po’, ormai. Eppure c’è di più: non soltanto le ammissioni delle colpe, il disagio giovanile e di tutti, l’impossibilità alla deontologia e la politica guerrafondaia istituzionalizzata dell’oggi più cupo. Il nuovo film di Redford sa gestire i paradossi del nostro pane quotidiano, sempre più impetuosi, e nel contempo recupera – celebrandolo – il dovere morale all’ideologia. Che può riguardare la patria o la coscienza singola: però in ogni caso si tratta di un incitamento a non abbandonarsi (al lassismo). L’assurdo è che ci si muore anche, dentro questa sacrosanta ideologia (i due compagni di studi e amici che ne restano vittime in Afghanistan, proprio per non essersi lasciati andare alla pigrizia del pensiero). D’altro canto, si può forse addirittura tornare alla vita, attraverso l’ideologia: il professore universitario che sprona lo studente disilluso a recuperare la forza delle idee e la voglia di fare rappresenta il cuore propositivo di Leoni per agnelli. La cui retorica anche patriottica (non è certo un male) non ha nulla del populismo spesso di un Paul Haggis, per esempio. Non c’è bisogno di alcun ammennicolo thriller per capovolgere la bandiera: quando la giornalista Meryl Streep, franta nella sua ideologia mutata dagli e negli eventi (e per questo umanissima e dotata, perché soltanto gli stupidi non cambiano mai opinione), costeggia commossa in taxi il cimitero zeppo di lapidi bianche, torna alla mente il dolore limpido di Giardini di pietra, forse troppo “banale” da accettare. Leoni per agnelli, nei suoi novanta minuti di chiacchiere, nei suoi tre movimenti intercettantisi, è fallato e fuori moda, indifeso e scoperto; ma è propositivo, non ingenuo, è tragico però capace di guardare al futuro della persona, necessaria in sé e da sé ma finalmente di nuovo così bisognosa di un rapporto generazionale, padri e figli, insegnanti e alunni. Non si nasce da soli, non si vive da soli. Resta l’intelligenza di saper affrontare perfino le contraddizioni, riconoscerle e chiamarle per nome. Non è una cosa di poco conto.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 52 del 2007

Autore: Pier Maria Bocchi

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