Regia di Robert Redford vedi scheda film
Ecco una notizia: torna il film dibattito. Se ne sentiva la mancanza, e lo dico con serietà. “Leoni per agnelli” è uno di quei film che danno un senso alle assemblee d’istituto, nelle quali non si ciarla di niente e si cerca con solerzia un film dal quale possa scaturire una dialettica qualsiasi. Robert Redford, il mitico Bobby, torna dietro alla mdp con una di quelle opere le quali si potrebbero annoverare tranquillamente nel filone del cinema civile all’americana. Affronta il tema dei temi dei nostri giorni, ossia la guerra e le sue ragioni, indagando sul perché essa si compie e quali siano le spinti che portano ad appoggiarla o meno. Tre situazioni, con personaggi rappresentanti le varie anime di questa America: un rampante senatore repubblicano offre alla sua giornalista di fiducia (o almeno così crede) uno scoop riguardante la nuova strategia che si adotterà in Iraq (ma non solo lì…); un professore carismatico e autunnale cerca di capire perché uno dei suoi alunni più brillanti non si faccia vedere durante le sue lezioni; due soldati in territorio bellico lottano tra la vita e la morte. Una volta si diceva “teatro in scatola”, riferendosi a quelle commedie teatrali portate sullo schermo ma prive del ritmo e dell’armonia necessarie per pigliare uno spettatore cinematografico, realizzate non alla maniera di un film bensì come un allestimento teatrale in celluloide. Certo, “Leoni per agnelli” è anni luce lontano da quell’idea di cinema. Nasce come commedia teatrale, ma trova una sua dignitosa ragioni di esistere sullo schermo cinematografico. Eppure, forse, sta proprio qui il difetto: non sempre controbilanciato, anzi, talvolta piuttosto meccanico, dura poco meno di un’ora e mezza e s’avverte che qualche minuto è in più. Non tutto scorre con la semplicità e l’equilibrio che si dovrebbe richiedere ad un regista consumato e capace come Bobby Redford. E la sua croce e delizia sta in quella tesa sceneggiatura firmata dallo stesso autore di “The Kingdom”, piena zeppa di dialoghi pungenti e brillanti, con una prontezza grintosa nella dialettica esibita dai sei personaggi principali. Ecco, quei chiacchierate – perché sono questo, in fondo – sono sì potenti, ma il loro messaggio non giunge sempre allo spettatore, causa ammucchiata. Sono tanti interessanti discorsi, che rimangono certamente, ma non penetrano con prepotenza. Evidente la matrice democratica – stiamo parlando del grande Bobby, dopotutto, compreso l’elogio di quei ragazzi dimenticati dal Dio degli Stati Uniti d’America che decidono di offrire il loro contributo ad un Paese che sì li ha praticamente scordati nell’ultimo angolino, ma verso il quale credono di avere un debito di riconoscenza. Darsi in pasto alla guerra per sentirsi fieri di essere di quella nazione. E tra questi giovani ci sono molti leoni, valorosi nello spirito, gettati nell’arena da inetti agnelli, ovvero i beoti promotori del conflitto – una metafora usata per descrivere la situazione del reggimento inglese durante la prima guerra mondiale. In un film colmo – forse troppo – di conversazioni e ragionamenti, un ruolo fondamentale lo giocano gli interpreti. Vale la pena ricordare la luce negli occhi del sempre bello e bravo e biondo Redford, la nervosità calcolata e la tensione morale della magnifica Meryl Streep (Robert e Meryl si ritrovano sullo stesso set a vent’anni e più da “La mia Africa”) fino al fascino sottile e magnetico (e pericoloso) di un sempre più efficiente Tom Cruise.
In tema.
Voto: 6.
Ecco una sorpresa: dopo questo ruolo possiamo dire che Tom Cruise è sicuramente un bravo attore. La sua prova del nove, il rampante e guerrafondaio senatore repubblicano, ha un fascino sottile e magnetico non indifferente.
Ormai abbiamo speso qualunque elogio per encomiare la sua magnificenza. L’impero delle attrici lo regna sovrana e imperterrita la divina Meryl. Qui si fa valera per la nervosità calcolata e la tensione morale che dona al suo personaggio.
Sempre bello e bravo e biondo, ecco un altro uomo che vorrei avere come professore.
Ci mette il cuore, e si vede, ma non sempre risulta armoniosa.
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