Regia di Mimmo Calopresti vedi scheda film
Si dà il fatto che siamo sempre qui a lamentarci del nuovo cinema italiano programmaticamente asfittico, inesorabilmente esangue, strutturalmente privo di ambizioni. E adesso ci tocca ribellarci di fronte a un film fasullo, dalle ambizioni gonfiate, dalla leggerezza forzata, perennemente ciarliero. L'abbuffata di Mimmo Calopresti vorrebbe essere un divertito ritratto del cinema d'oggi, sospeso tra il vitalismo del fare e l'accidiosa noia dell'inazione, ed è invece solo un futile, borioso monumento al suo autore che vuole sparare alle stelle con palline di cartapesta. Diamante, Calabria: ci sono tre giovani speranzosi che vogliono fare il cinema (ma non conoscono Scorsese, come se l'ingenuità coincidesse con la banale ignoranza) e c'è un regista (Diego Abatantuono) inacidito dall'inattività, cinico e iettatorio. E poi c'è un attore sempre sorridente che corre dietro alle ragazze, vitale e un po' cialtrone (un ritratto di spaventosa autoindulgenza che si regala il Calopresti attore/autore). E poi c'è la sua ex (Valeria Bruni Tedeschi) e il suo nuovo fidanzato (un Gérard Depardieu che ormai sembra la patetica caricatura di se stesso). E poi c'è un Sud cartonato e cartolinesco che rende poco plausibile ogni movimento di questa "ronde" che rimbalza citazioni a metà strada tra Fellini e Ferreri. Un film troppo furbetto per essere interessante, troppo supponente per risultare anche solo simpatico.
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