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L'amore nascosto

Regia di Alessandro Capone vedi scheda film

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La recensione su L'amore nascosto

di lao
4 stelle

Una donna devastata dalla malattia mentale e un foglio bianco su cui razionalizzare scrivendo il proprio inferno interiore costituiscono un preambolo stilistico e contenutistico: le parole sgorgano dagli abissi dell’animo, formano un vortice distruttivo, aprono la strada alla radiografia della psiche ulcerata e nel contempo ridicolizzano la scienza medica e le promesse di guarigione. Nella nudità della pagina spoglia la mente registra i fatti di un esistenza anonima disponendoli attorno a un’unica passione totalizzante: l’odio di Danielle per la figlia Sophie. Un taccuino improvvisato in cui si riverberano a loro volta la disaffezione tirannica per una madre ingrata della giovane Sophie e i dubbi irrisolti sul senso delle proprie scelte di vita e professionali della psicanalista dott.ssa Nielsen: una galassia femminile ruotante attorno a una pura astrazione, ovvero alla sacralità di una maternità ideologica con cui la realtà corporale e quotidiana dell’essere madre è costretta a scontrarsi. Il dramma di Danielle prima che spirituale è infatti fisico: la creatura che porta in grembo è per lei una lacerazione brutale debilitante e il trauma della mutilazione continuerà ad alimentarne l’immagine vivente e il conseguente tormentoso senso di colpa. C’è nella cronaca di una famiglia l’istituzione di un territorio neutro dove genitori e figli al di là dei rispettivi ruoli diventano persone, ma questa è o dovrebbe essere la norma: l’Amore nascosto colloca al contrario in un palcoscenico scabro gli effetti di una patologica autodistruzione. Capone, regista teatrale, si muove a suo agio in una pellicola più recitata da archetipi che vissuta da individui, nella quale lo spettatore condivide con i personaggi un campo visivo ristretto determinato dal congelamento nei rispettivi ruoli. Danielle, Sophie e la psicanalista vedono in uno sfocato bianco e nero cose e persone, passato presente e futuro. Il vuoto interiore inevitabilmente nutre se stesso e forse nella pace di una tomba solamente madre e ossa diventeranno tutt’uno. Mio blog: http://spettatore.ilcannocchiale.it

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