Regia di Kevin Lima vedi scheda film
La visione di questo filmetto natalizio (vedremo poi che non è solo questo) mi ha dato una piccola lezione circa la chiave da trovare per valutare la qualità di un prodotto cinematografico. La regola è (dovrebbe essere): giudicare ogni film come opera a sè stante, e da collocare in un proprio contesto di stile e di linguaggio. Evitando quindi di farsi influenzare da altre piu' o meno recenti visioni. Anche se a volte è umanamente difficile: tipo che dopo aver visto l'ultimo capolavoro di Cronenberg per qualche tempo ogni altro film puo' sembrare una "scorreggina", soprattutto se trattasi di ciò che si annuncia come un'esile favoletta disneyana per famiglie in libera uscita natalizia. E invece no: si tratta di un film incredibilmente delizioso e godibile, ben scritto ed ottimamente recitato. Certo lo stile è a tratti lezioso come si conviene ad una fiaba ma, almeno, ha il pregio di non essere pretenzioso, con la consapevolezza di chi ti sta proponendo un prodotto fatto per "vendere" ma ispirato a principi di buon gusto e a meccanismi narrativi che stimolano il sorriso partecipe e compiaciuto dello spettatore. Tutto questo cucinato con ingredienti autentici e genuini: infatti, pur trattandosi di una fiaba standard, il sapore non è affatto di "plastica", ma, anzi, è un sapore deliziosamente retrò. Il film è uscito in prossimità del Natale ed ha occupato la testa delle nostre classifiche per breve tempo, subito scalzato dagli innominabili cinepanettoni: ecco, questa è una sconfitta del cinema e lascio volentieri ad altri l'entusiasmo di chi plaude alla "riscossa del cinema italiano contro lo strapotere americano". Sì perchè vedere un film adorabile (pur nella sua ovvietà) come questo preso a metaforiche randellate da Pieraccioni o dai Fichi d'India è una clamorosa sconfitta del buon gusto e dell'intelligenza. La vicenda è risaputa e comunque ampiamente intuibile dal trailer: una principessa e un principe (sposi promessi) si trasferiscono dal mondo delle favole fino al centro di New York, con tutti gli equivoci e le gag che cio' comporta, compresa la scintilla dell'amore che scocca tra la principessina e un avvocato newyorkese reduce da un doloroso divorzio. Ciò che mi ha colpito di piu' è (nell'ordine): 1) il buon gusto che regna nella messa in scena, ovvero come essere piacevoli senza essere volgari (peraltro senza mai eccedere in melassa). 2) la bravura dei due protagonisti. E su quest'ultimo punto vediamo di approfondire. L'avvocato in crisi è un efficacissimo Patrick Dempsey: ho letto da qualche parte che costui sarebbe il protagonista di una nota serie televisiva (che io ignoro totalmente) e dunque scopro solo ora quest'ottimo attore. Dempsey conferisce al suo personaggio uno straordinario tocco di umanità e di normalità. Un volto simpatico che spero di ritrovare presto al cinema. E non avevo mai visto prima d'ora neppure il delizioso volto della protagonista, Amy Adams, formidabile mattatrice. Impossibile dimenticare quei suoi occhioni spalancati in deliziosi atteggiamenti di stupore, e quell'irresistibile sorriso accompagnato da un continuo gesticolare. Altro che Scarlett Johansson...è Amy Adams la nuova Mary Poppins, o la nuova Julie Andrews, come preferite...Da segnalare poi il lussuoso cammeo finale di Susan Sarandon. E lo scoiattolo Pip, roditore "quasi" parlante (chi vedrà il film capirà perchè ho detto "quasi"). Ah, dimenticavo: sceneggiatura e dialoghi funzionano alla grande.
Per le Feste, se avete dei bambini, ma anche se non li avete, regalatevi 107 minuti di brio, intelligenza e buon gusto.
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