Regia di Kirsten Sheridan vedi scheda film
Si lo so. Con questa recensione mi offrirò al pubblico dileggio e, soprattutto, farò girare le scatole al carissimo Kotrab, ma la coerenza e la schiettezza non mi spaventano.
Su questo filmetto, americanata doc, pieno di contraddizioni, di scene impossibili, di discordanze filmiche, dialoghi disarmonici, personaggi da fantascienza, storia tirata a forza, favola metropolitana raffazzonata, lieto fine mascalzonamente mieloso, cast forzato e vagamente circense (Robin Williams inguardabile): ebbene, su questa pattumierata pseudocinematografica, io, Franco Battaglia, al secolo Lampur, massacratore di pellicole, c'ho speso addirittura qualche furtiva lacrima di casareccia commozione.
Trattasi di “guilty pleasure” sottolinea Spaggy, in occasione di una “sua” debolezza, piacere colpevole, (in)cosciente lasciarsi andare al deliquio dei sensi… parecchi integralisti devono esserne stati posseduti durante la visione de I ponti di Madison County, ad esempio...
Chevvedevodì, vuol dire che anche i peggiori c'hanno un'anima, oppure che la demenza senile incalza, ed i blackout critici cominciano ad andare in panne.
Non è un caso che vi parli di questa pellicoletta subito dopo lunghe e ricche discussioni con chi, dentro e fuori FilmTv, a seguito dello stroncamento de La migliore offerta, continua a ripetermi “tu non ti godi i film”: subito accontentati, me li godo i film, certi sgorbi me li godo anch'io.. mi dissocio dal senso critico e trascorro una pausa nel regno del godiamoci il film abbassando inverosimilmente qualsivoglia difesa.
Poi passa però...
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