Regia di Susanne Bier vedi scheda film
David Duchovny è un uomo buono e generoso, ha un ottimo lavoro e una bella famiglia e fa una morte degna di lui: viene ucciso mentre cerca di difendere una donna dalla violenza del compagno. Il suo migliore amico, fin dai tempi della scuola, è un ex avvocato tossicodipendente, che tira a campare solo come un cane in una squallida stanzetta; a sorpresa la moglie del morto, che gli era sempre stata ostile per una sorta di gelosia, gli offre ospitalità in casa. Il suo gesto è dettato da motivazioni ambivalenti: da una parte vorrebbe continuare l’opera del marito, dall’altra mira a procurare un surrogato di figura paterna per i suoi bambini. Susanne Bier racconta con dolente intensità la difficile elaborazione di un lutto: le “cose che abbiamo perso nel fuoco” del suggestivo titolo originale rappresentano la parte della nostra vita che può essere sacrificata, sia pure con sofferenza, senza compromettere la sopravvivenza dell’organismo. Per temi, ma anche per stile (montaggio nervoso, primi piani insistiti), siamo vicini al precedente Dopo il matrimonio; siccome però questo è un film hollywoodiano, il finale è decisamente un po’ troppo conciliante. La grande prova di Benicio Del Toro mette in ombra il resto del cast; in particolare Alison Lohman è sprecata in una particina insignificante.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta