Regia di Susanne Bier vedi scheda film
Audrey Burke (Berry) perde tragicamente suo marito (Duchovny), un uomo eccezionale. Rimane sola a Seattle con due figli piccoli da tirar su. Nel giorno del funerale viene in contatto con Jerry (Del Toro), il miglior amico di suo marito, un tossicodipendente che lei ha sempre odiato, convinta che di quell'amicizia approfittasse soltanto. Lui vive in una topaia e non ha un lavoro, lei abita in una casa signorile e ha disperatamente bisogno di un sostegno. Sicché Jerry va a stare per un po' in una dependance della donna. I suoi figli si affezionano a lui, che riesce laddove il marito perfetto aveva fallito. Tra i due comincia una coesistenza difficile e tormentata.
Chi ha visto Non desiderare la donna d'altri e Dopo il matrimonio sa che lo spunto è identico ai due film precedenti della regista: un uomo si sostituisce a un altro nella vita di una donna rimasta sola. Nonostante la struttura-fotocopia del racconto, stavolta la Bier vola ancora più in alto che nei film precedenti: la magia sta nelle sfumature, nella delicatezza con cui vengono raccontati i particolari (Jerry che conosce piccoli, innocenti segreti del suo amico di cui Audrey non è al corrente; il figlio di Audrey che supera le sue paure di bambino grazie a un semplicissimo escamotage di Jerry). Certo, il mondo rappresentato da Susanne Blier è lastricato di buoni sentimenti e molto lontano dalla realtà, i personaggi di contorno sono umanissimi e il racconto pare a tratti oleografico, ma la regista danese - qui alla sua prima trasferta oltreoceano - si presenta ancora una volta come un'implacabile esattrice delle emozioni. Si piange e ci si commuove, ma il prezzo del biglietto lo vale soprattutto la prova olimpica di Benicio del Toro, che non sfigurerebbe accanto a quelle da manuale di De Niro in Toro scatenato o di Nicholson in Qualcuno volò sul nido del cuculo.
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