Regia di Julie Taymor vedi scheda film
Julie Taymor, ci ha abituato ad un cinema che canta fuori dal coro non solo per le scelte stilistiche, frutto di un talento a tutto campo, capace di spaziare dal teatro alla pittura e senza trascurare danza e letteratura. A film che sono innanzitutto spettacolo per gli occhi ma lasciano il segno per l’efficacia dei contenuti. E su queste basi che si rimane delusi da “Across the universe”, un greatest hits romanzato sul gruppo più famoso del mondo. Un idea mica male quella di unire un repertorio musicale solitamente confinato nella realtà fotoromanzo ad uno epoca storica (siamo a cavallo degli anni 60/70) in cui l’america doveva fare i conti con le conseguenze di una politica falsamente libertaria nei costumi ed antiprogressista nei contenuti. Peccato che l’emozione delle note si cosparga su un plot che sembra un riassunto del bignami ,pieno di tutto (amore, sesso politica e rock and roll) tranne che di idee. Un album delle figurine in cui riconoscere i personaggi della storia, quella musicale, popolata dalle facce che l’anno fatta (Jimmy Hendricks e Janis Joplin) e quella personale, per riconoscersi tra quelli che credevano di poter cambiare il mondo. Insomma una cosa nostalgica adatta a tipi come Gianni Minà e Fabio Fazio ma inutile per quelli che vogliono cercare di capire chi eravamo e come siamo diventati. La faccia angelica di Rachel Wood che gioca con il fuoco e rischia di bruciarsi, i capelli a caschetto del protagonista, le comparsate delle star di turno e le coreografie sempre uguali di Daniel Ezralow dovrebbero rafforzare la potenza dell’opera ed invece sono magnifici orpelli di un successo mancato.Sufficiente esclusivamente per le canzoni
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