Espandi menu
cerca
Into the Wild. Nelle terre selvagge

Regia di Sean Penn vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Paul Hackett

Paul Hackett

Iscritto dal 2 gennaio 2007 Vai al suo profilo
  • Seguaci 71
  • Post -
  • Recensioni 1603
  • Playlist 6
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Into the Wild. Nelle terre selvagge

di Paul Hackett
6 stelle

La storia vera di Chris McCandless, del suo rifiuto del sistema di valori tradizionale basato sulla produzione e sul consumo, del suo girovagare e dei suoi incontri attraverso gli Stati Uniti alla ricerca del significato della vita, della sua tragica morte nei boschi dell'Alaska. Ho atteso a lungo prima di decidermi a vedere questo film di Sean Penn, basato su un libro di Jon Krakauer: conoscevo la bizzarra e toccante vicenda di McCandless e, francamente, non riuscivo (e non riesco tuttora) a condividere l'entusiasmo (e la relativa mitizzazione) riservato ad un personaggio che ha buttato via la propria vita in una maniera a dir poco incomprensibile e scriteriata, per inseguire il sogno (parecchio fuori tempo massimo) di emulare le gesta dell'amatissimo scrittore Jack London. Alla fine ho ceduto e la visione della pellicola di Sean Penn ha destato in me sentimenti contrastanti, sostanzialmente un misto di commozione e profondissima irritazione, che sento il bisogno di "tirare fuori" subito e consegnare immediatamente alla scrittura, complice l'ora tarda e il sonno che non vuole saperne di arrivare. E allora diciamo subito che "Into the wild" è un film visivamente molto bello (lo Sean Penn regista ha fatto davvero passi da gigante rispetto agli esordi grezzi, sebbene intensissimi, di "Lupo solitario"): splendide immagini, fotografate in maniera sontuosa dal francese Eric Gautier, ottimamente sottolineate dalla bellissima colonna sonora di Eddie Vedder e arricchite da un cast davvero eccellente (tutti bravissimi, ma qualche parola di particolare lode mi sentirei di spenderla per la toccante interpretazione del vecchio leone Hal Holbrook). Insomma: da un punto di vista meramente formale "into the wild" è un gioiello: convince persino lo script (dello stesso Penn) che, grazie all'espediente dei salti temporali, riesce a rendere scelta estetica la presenza di vere e proprie voragini di sceneggiatura e riesce a non appesantire troppo il terribile fine vita del povero McCandless. Cinque stelle, allora? Purtroppo no, perché se la confezione è perfetta, non altrettanto si può dire dei contenuti. Trovo assolutamente discutibile e persino fuorviante trasformare in una sorta di martire della libertà il protagonista, in filosofia esistenziale il guazzabuglio citazionistico che da Thoreau arriva fino a London con una spruzzata di "Fili d'erba" (nel senso di Whitman), in modello di vita il suo confuso (e pericoloso) irrazionalismo ("se ammettessimo che la vita sia governata dalla ragione ci precluderemmo la possibilità di vivere veramente"... beh, certo... vuoi mettere con il fare le cose così come vengono, senza minimamente considerare le conseguenze?) e in martirologio la sua (drammaticamente) strampalata idea di fare l'eremita in Alaska (ebbene si, strampalata: sia pur con tutta l'umanissima pietà per la tragica fine di un ragazzo di 24 anni, come altrimenti definireste la scelta di isolarsi nei boschi senza i mezzi e la preparazione necessaria fino a restarci secchi?). Quello che davvero sconcerta è che dal film di Sean Penn, Chris McCandless viene fuori come una specie di Cristo laico che, con la luce della sua Grazia (la maiuscola è ironica, lo ammetto) e la forza della sua Parola Rivelata (come sopra), riesce ad illuminare la vita delle persone che incontra e, alla fine del suo martirio, addirittura a redimere non i peccati dell'intera umanità (sarebbe stato effettivamente troppo) ma quantomeno quelli dei suoi genitori, le vere figure chiave attorno alle quali ruota tutta la pellicola. Già, perché, come fatto intuire decine di volte dalla sorella di McCandless, narratrice "off" della vicenda, la scelta del fratello di rifiutare le lusinghe e gli agi di una vita benestante per indossare il saio e il cilicio (e aridalli) del vagabondo, nasce fondamentalmente dal fatto che papà e mamma non si volevano bene e stavano quasi per divorziare... molto rumore per nulla, verrebbe da commentare con un pizzico di cinismo. Vabbe'... chiudiamola qua, è tardissimo, sono stanco e si è capito dove cavolo stia andando a parare... cinque stelle alla confezione, una ai contenuti... la media è tre.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati