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Into the Wild. Nelle terre selvagge

Regia di Sean Penn vedi scheda film

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La recensione su Into the Wild. Nelle terre selvagge

di mc 5
8 stelle

Il trailer di questo IMMENSO film mi rincorreva ormai da qualche mese, e devo confessare che la mia reazione si era fatta di fastidio, dato che il mio timore era quello di trovarmi a che fare con con una cazzata di stampo new-age con una specie di buon selvaggio che una rinnovata spiritualità spingeva ad un ritrovato contatto con la natura. Niente di tutto questo. Si tratta invece della quarta prova di regìa di Sean Penn, che è poi l'adattamento di un romanzo (che non conoscevo) che ha come spunto la storia vera di Chris Mc Candless, un ragazzo americano che, subito dopo essersi laureato giusto per accontentare i genitori, compie una scelta irreversibile ed estrema. Svuota il suo conto corrente bancario destinando tutto in beneficenza, raccoglie poche cose in uno zaino e -letteralmente- sparisce. Se ne va in fuga da TUTTO: dai genitori essenzialmente, ma anche da tutto il resto. Non ne può piu' dei valori fasulli di questa civiltà occidentale, con cui sente di non aver piu' nessun punto di contatto. Chris vuole confrontarsi ESCLUSIVAMENTE con sè stesso e con la NATURA, in un rapporto in cui soldi, abiti, cose, automobili, non abbiano piu' alcuno status di riferimento. Detta così sembra l'adesione ad una sorta di solitario neo-francescanesimo, ma la faccenda ha ben altre sfumature. Basti pensare infatti che Chris in realtà incrocierà il proprio cammino con persone con cui accetterà un rapporto di reciproco scambio di valori e di insegnamenti, ma di questi personaggi parlerò piu' avanti. E basti pensare anche che il film non è certo la beatificazione nè tantomeno l'agiografia di Chris, anzi! Ne segue passo passo l'evoluzione, segnalandone tutta la fragilità, tutte le debolezze e gli errori di valutazione. Errori che gli saranno fatali. Ecco, da parte mia credo che si renderà necessaria una seconda visione per recepire appieno il senso delle scelte di Chris, affascinanti nella loro complessità. Ritengo che Penn abbia realizzato (oltre che -sicuramente- un assoluto capolavoro) anche un film molto piu' POLITICO di quanto possa sembrare. D'altra parte Sean, lo sappiamo bene, è ormai uno di quei cittadini americani (come Gore Vidal e tanti altri intellettuali) fortemente critici verso il proprio Paese, proprio perchè lo amano profondamente e soffrono nella consapevolezza di una sua deriva solo militare e muscolare anzichè artistica ed intellettuale. Le scelte di Chris sono di una tale forza che ci inducono ad una serie di riflessioni. Tra queste una mi sembra particolarmente importante e per segnalarla voglio estrapolare le parole di Roberto Nepoti su Repubblica che ha così sintetizzato: "Sean Penn osa realizzare un film sul valore della solitudine in un tempo che avverte la solitudine come il massimo pericolo, tanto da esorcizzarla di continuo con i telefonini e con la "rete". E ancora: in questa urgenza di recuperare il rapporto fra l'uomo e la natura selvaggia è facile individuare il mito originario americano dei pionieri, il ritorno alle radici incontaminate della propria civiltà. E tutto questo si poggia sulle deboli spalle di un uomo, anzi di un ragazzo, alle prese con una scelta troppo piu' grande di lui, che ne fa una sorta di cavaliere errante. E alle origini di questa scelta c'è un moto di ribellione intima verso una famiglia benpensante ma in realtà squinternata e lacerata, specchio perfetto di quell'ipocrisia che avvolge tutto il sistema occidentale dei "valori", sistema che per Chris diviene opprimente ed irrespirabile. Secondo me, per semplificare al massimo (anche se poi in effetti, di questo si tratta) Chris percepisce crescere intorno a sè una cosa su tutte: L'INFELICITA' diffusa. E affronta dunque questo nuovo cammino alla ricerca di qualcosa che ne costituisca l'antitesi. Il lungo viaggio di Chris verso l'Alaska
è disseminato di incontri/esperienze e confronti con svariati personaggi. Una coppia di ex-hippies in crisi sentimentale, un imprenditore agricolo con qualche problemino con la Legge, poi l'acerba bellezza di una ragazzina che canta canzoni folk, ed infine l'intensa amicizia con un anziano vedovo tremendamente solo che vorrebbe addirittura adottare Chris. Sono tutti SPLENDIDI ritratti di persone, ognuna delle quali esce arricchita dalla conoscenza di Chris. Accennavo prima alle debolezze di Chris: sì, perchè il giovane si accorge troppo tardi della dimensione immane della scelta da lui compiuta, e che questo viaggio verso la solitudine è senza ritorno. Questa "missione" verso la VERITA' e la LIBERTA' totali ha un risvolto estremo: la minaccia della possibilità (o meno) di sopravvivenza. E questa minaccia ha un simbolo grottesco, rappresentato (nel finale) da un enorme orso, che Chris (ad un passo dalla morte, stremato irreversibilmente) vede transitare ad un palmo dal proprio naso. Io non mi vergogno mai di ammetterlo quando mi capita di piangere al cinema, figuriamoci se lo faccio stavolta che -oggettivamente- è difficile restare indifferenti di fronte ad una simile esibizione di situazioni emozionanti. E veniamo all'eccezionale cast. EMILE HIRSCH: interpretazione da oscar, magnifica. E, va da sè, dopo questa sua performance, ogni nuovo attore emergente americano può andare a nascondersi, a partire da quel furbetto di Shia LaBeouf. VINCE VAUGHN: parte assai ridotta la sua, ma almeno appare in un ruolo finalmente diverso dalle solite commediole a cui ci aveva abituati. WILLIAM HURT: uno dei piu' grandi attori viventi, non c'è bisogno di aggiungere altro. CATHERINE KEENER: diomio che donnaaaaa!! che stile! che classe! ogni suo sorriso illumina a giorno tutto lo schermo...KRISTEN STEWART: dolce e soave meteora, efficacissima anche se in un ruolo un pò limitato. HAL HOLBROOK: misurato e bravissimo, in un ruolo così toccante e vulnerabile da smuovere la commozione, anziano veterano di Hollywood ancora capace di sorprendere. Il commento sonoro di Eddie Vedder riveste poi un'importanza fondamentale: ne è testimonianza anche il fatto che la segnalazione della colonna sonora non appare in fondo ai titoli di coda, ma -eccezionalmente- all'inizio degli stessi.
Un grande film che RIEMPIE: gli occhi, il cuore, la mente.
Sono già passati due giorni dalla visione, ma l'immagine del "Magic Bus" circondato dalla neve, sembra non volermi abbandonare piu'. E' un segno, un piccolo segno, che questo è Cinema destinato a restare, a lasciare una TRACCIA di sè. E vorrei concludere con una frase tratta dal film, che racchiude un messaggio forte su cui riflettere: "La felicità è reale solo quando condivisa".

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