Regia di Carlo Mazzacurati vedi scheda film
Chissà se al momento del suo esordio nel lungometraggio il povero Carlo Mazzacurati avrebbe potuto immaginare quanto sarebbe stata lunga quella notte italiana che al suo film dava il titolo. È una notte che sembra non essere mai finita e che al massimo è stata rischiarata da qualche lampo di luce. La zona in cui si svolge la vicenda di La giusta distanza è appunto la stessa di Notte italiana (1987), come si apprende da una notizia data in Tv, dove si fa riferimento alla morte di Tornova, l'imprenditore privo di scrupoli del film d'esordio. È cambiato il panorama umano che popola queste zone: il paese ha raccolto l'immigrazione di qualche nordafricano e qualche signora proveniente dall' est europeo. Per il resto, il panorama è rimasto grosso modo il medesimo: «Qua una volta era tutta campagna» nota con ironia il tecnico telefonico, che dà al giovane protagonista i migliori insegnamenti, fungendo quasi da secondo padre, in luogo di quello naturale che esiste ma non c'è.
Il meccanismo narrativo somiglia a quello di tanti film americani progressisti che stigmatizzano il razzismo contro gli afroamericani o contro altre minoranze: anche noi tolleriamo la diversità fino a un certo limite, dato dal semplice sospetto della commissione di un crimine e soprattutto quando ognuno ha qualche scheletro da nascondere nell'armadio. Il prezzo da pagare per chi voglia far emergere la verità, nel Veneto degli anni duemila, è quello dell'ostracismo dalla propria comunità, un po' come successe, più di cinquant'anni fa, a Luciano Vincenzoni, autore del copione di Signore e signori (1966) di Pietro Germi.
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